Focus economia del 12/06/2024

Gigafctory Acc di Termoli «Progetto posposto». Protesta dei sindacati
Il progetto della Gigafactory di Termoli, in capo ad Acc (la joint venture tra Stellantis, Mercedes e Total Energies), come emerso qualche giorno fa e poi ufficialmente confermato ieri, durante l’incontro al Mimit, «è posposto». Lo ha comunicato Benoit Torres, vice president del progetto Termoli. L’introduzione di nuove chimiche di celle a basso costo nello stabilimento italiano – uno dei tre annunciati da Acc, accanto al polo in Germania e a quello in Francia, già operativo – impone necessari aggiustamenti rispetto al timing dell’avvio dei lavori di costruzione. A pesare sulla decisione di “prendersi una pausa” sono due ordini di fattori, il rallentamento del mercato dell’elettrico in tutta Europa, che spinge i player dell’automobile a rivedere piani e progetti di investimento, e la scelta di focalizzare a Termoli la produzione di batterie a basso costo, tecnologia, dice l’azienda, non ancora a punto. Il primo modulo produttivo era previsto al 2026, uno slittamento è scontato. I rappresentanti dei lavoratori lanciano un alert pesante sulla futura gigafactory di Termoli e ragionano su una possibile mobilitazione, dopo le assemblee di venerdì prossimo. «Il progetto di costruzione della gigafactory a Termoli non è semplicemente rinviato di qualche mese, ma sospeso per lo meno fino alla fine dell’anno, senza alcuna certezza per il futuro» scrivono in una nota i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm, Ugl e Fismic, accanto all’Associazione Quadri. «È questa una situazione che come sindacati non possiamo accettare e per cui abbiamo chiesto a Governo e Regione Molise di intraprendere una azione comune finalizzata ad ottenere chiarezza da ACC e dalla stessa Stellantis». ne parliamo con Filomena Greco, de Il Sole24Ore.
Ue, dazi fino al 48% sull’auto elettrica cinese. Ira di Pechino e Berlino tifa contro
Dopo una indagine durata nove mesi, la Commissione europea ha preso atto della concorrenza sleale sul mercato europeo da parte dei produttori cinesi di auto elettriche. L’esecutivo comunitario ha quindi proposto di imporre dazi aggiuntivi fino al 38% sui veicoli importati nell’Unione europea (che sommano ai dazi al 10% già previsti). La concorrenza sleale si traduce nei fatti in sussidi pubblici a favore di questi produttori, capaci di vendere in Europa al di sotto del prezzo di produzione. «La Commissione europea – si legge in una dichiarazione pubblicata oggi, mercoledì 12 giugno – ha comunicato alle parti interessate il livello dei dazi compensativi provvisori che intende imporre sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina (…) I dazi individuali che la Commissione europea intende applicare ai tre produttori cinesi del campione saranno del 17,4% per la società BYD, del 20% per la società Geely e del 38,1% per la società SAIC. «Gli altri produttori cinesi di auto elettriche, che hanno collaborato all’inchiesta ma non sono stati inseriti nel campione, saranno soggetti al seguente dazio medio ponderato del 21%», ha precisato l’esecutivo comunitario. «Parallelamente, la Commissione europea ha contattato le autorità cinesi per discutere di questi risultati e dei possibili modi per risolvere la questione». Fino all’ultimo l’ammontare dei dazi è stato in forse. La Germania avrebbe voluto che Bruxelles allineasse i dazi europei a quelli cinesi. Salvo sorprese, il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck dovrebbe recarsi a Pechino la settimana prossima per tentare di raffreddare le tensioni con la controparte cinese. Approfondiamo il tema con Fabio Scacciavillani, economista, e con Alberto Annicchiarico de Il Sole 24 Ore.

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4 Comments

  1. Ma che cosa sta raccontando questo😂,parla dei cinesi che ci vendono macchine sotto il prezzo di costo,ma non è assolutamente vero😂😂😂😂,sono care anche quelle cinesi ,il problema è che in occidente hanno paura di non poter più rubarci soldi e dividersi meno profitti,vergognati a dire certe cose

  2. Volete combattere i prezzi cinesi? Vai a dire in Europa che devono cacciare fuori la fresca e aiutare le case automobilistiche europee per farci pagare meno le macchine,fino a che pensano solo a mettersi in tasca miliardi senza investire ,ben venga la Cina.

  3. Alberto Annichiarico al min.62 dice che in Cina BYD vende la Seal U a 21.300 euro e in Germania a 42.000 euro con un margine di 1.300 euro nel primo caso e 13.000 euro nel secondo. La mia domanda è: dove sarebbe il dumping?