PEARL HARBOR: perché il GIAPPONE ha attaccato gli STATI UNITI?
Mentre la guerra infuria in Europa e in Africa, dall’altro lato del mondo un solo stato ambisce a dominare l’Asia: l’impero giapponese. Già dal 1937 aveva avviato una campagna contro la Cina, ma le vere aspirazioni giapponesi si estendevano a tutto l’oceano Pacifico.
Nel settembre del 1940, il Giappone si unisce come potenza principale all’asse, firmando il patto tripartito con Roma e Berlino. Sostenuto da queste due grandi potenze occidentali, nel luglio del 1941, il Giappone, guidato dall’imperatore Hirohito, inizia una vasta offensiva di conquista.
Partendo dal sud-est asiatico, teoricamente sotto il controllo della Francia di Vichy, il Giappone occupa l’Indocina francese. In risposta a quest’atto di aggressione, gli Stati Uniti e il Regno Unito impongono un embargo commerciale sul Giappone. Senza il supporto occidentale, il Giappone non ha le risorse necessarie per sostenere un conflitto mondiale.
Dopo l’embargo, l’economia nipponica subisce un duro colpo, mancando di petrolio americano e trovandosi circondata da potenze ostili. L’impero giapponese ha solo una strada davanti a sé: la guerra. Il 7 dicembre 1941, la flotta giapponese, senza una dichiarazione di guerra, attacca a sorpresa la flotta americana ancorata a Pearl Harbor.
L’attacco è devastante. La flotta americana nel Pacifico viene messa in ginocchio. Gli Stati Uniti non si aspettavano un attacco così anticipato e così profondo nel loro territorio, dato che Pearl Harbor si trova a oltre tremila chilometri dal Giappone. Il suolo americano è stato attaccato.
Quello che il presidente Roosevelt definirà come un “giorno che vivrà nell’infamia” rappresenta un chiaro casus belli. L’8 dicembre 1941, gli Stati Uniti dichiarano guerra al Giappone, seguiti pochi giorni dopo dalla dichiarazione di ostilità da parte di Italia e Germania nei confronti degli Stati Uniti.
La guerra diventa ufficialmente mondiale. Tuttavia, l’attacco ha gravemente indebolito la flotta americana, che ha bisogno di tempo per riorganizzarsi. L’ammiraglio giapponese Yamamoto, consapevole di ciò, decide di lanciare una grande offensiva di conquista in Asia. Nel maggio del 1942, le Filippine, territorio americano, vengono conquistate, mentre Malesia e Birmania britanniche cadono, e l’Indonesia olandese, ricca di risorse petrolifere, viene occupata.
Yamamoto è consapevole che il vantaggio ottenuto a Pearl Harbor non durerà a lungo. L’obiettivo è costringere gli americani a intraprendere una lunga e dispendiosa campagna di riconquista nel Pacifico. A Washington, tra dicembre 1941 e gennaio 1942, si tiene una conferenza di tutte le ventisei nazioni in guerra contro Germania, Italia e Giappone.
Nonostante alcune differenze ideologiche, come quelle con l’Unione Sovietica, viene firmato il patto delle Nazioni Unite. Con questo accordo, i partecipanti si impegnano a rispettare i principi della Carta Atlantica, a combattere le forze fasciste e a non concludere pace separate. La guerra assume un nuovo spirito, dichiarando implicitamente che il conflitto potrà terminare solo con l’annientamento totale di uno dei due schieramenti.
Nella primavera-estate del 1942, le potenze dell’Asse raggiungono il culmine della loro espansione. Il Giappone controlla il sud-est asiatico, vaste aree della Cina, come la Manciuria e le regioni costiere, oltre a buona parte del Pacifico. In Europa, Germania e Italia gestiscono direttamente e indirettamente un territorio di sei milioni di chilometri quadrati, abitato da oltre trecentocinquanta milioni di persone, tra cui Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia e la Francia di Vichy, tutte soggette a Berlino.
In Norvegia, Olanda e Boemia sono stati installati governatori tedeschi. Spagna, Turchia, Svizzera e Svezia, pur rimanendo neutrali, gravitano attorno all’economia dell’Asse, il cui centro è ovviamente la Germania nazista. Nei territori conquistati, le varie potenze dell’Asse adottano politiche di controllo differenti. Il Giappone, ad esempio, si appoggia ai movimenti indipendentisti locali, anti-europei.
Si gettano così le basi della sfera di co-prosperità della Grande Asia Orientale, un’unione economica e politica che unisce tutti i territori conquistati. Tuttavia, se all’inizio i giapponesi vengono percepiti come liberatori dalle popolazioni asiatiche, la Germania applica una politica rigorosa nei confronti dei popoli sconfitti, negando loro qualsiasi autogoverno.
In particolare, il trattamento riservato agli slavi, basato sulla teoria razziale, è estremamente severo. Gli slavi vengono considerati idonei solo per lavori manuali e agricoli. I tedeschi avevano l’intenzione di colonizzare queste terre conquistate, relegando la popolazione autoctona ai ceti più bassi della nuova società.
1 Comment
poteva cambiare tutto se sapevano fare la guerra tutti le alleanze dell asse Ittler poteva vincere se altre circostanze e fortuna da parte degli americani non hanno distrutto le portaerei se succedeva cambiava tutto forse.