Perché i biocarburanti NON sono l’alternativa ai combustibili fossili
Questa è benzina. [SE VOI, SE LEI] No, non voglio darmi fuoco e questo non è un episodio della nostra serie sulla storia del cibo. Ma non sto scherzando: quest’olio potrebbe effettivamente diventare benzina per la mia gloriosa Panda. Così come lo potrebbe diventare, chessò, una pannocchia di mais o una barbabietola
Da zucchero, voi che avete studiato la geografia. Non mi credete? Allora, date un occhio al Piano Nazionale Energia e Clima elaborato dal governo italiano e revisionato nel 2023, che prevede di raddoppiare, nel prossimo futuro, il consumo di biocarburanti liquidi per il trasporto su strada
Da 1,9 a 3,8 miliardi di litri, nell’ottica di ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030. I biocarburanti non sono altro che carburanti liquidi o gassosi prodotti da un’ampia gamma di materie prime rinnovabili di origine biologica, categoria in cui rientrano sia le pannocchie,
Che l’olio utilizzato per cucinare. Una volta raffinate, queste materie prime possono essere miscelate con benzina o diesel per alimentare motori endotermici, quindi motorini, automobili, autobus, camion, navi e persino aerei. È ormai opinione comune che i biocarburanti possano aiutarci nella cosiddetta transizione ecologica, andando a sostituire i combustibili
Fossili e sfruttando processi naturali e riciclo. In altre parole, basta coltivare un campo di mais, raffinarne il raccolto, mischiarlo al normale carburante che si trova alle pompe di benzina, e il gioco è fatto. Fantastico, direte. Roba che tempo fa immaginavamo si potesse
Fare soltanto in qualche landa post apocalittica stile Mad Max o nei peggiori bar di caracas. Beh, in realtà ve l’ho fatta a dir poco semplice e, sorpresona delle sorpresone, non è affatto detto che i biocarburanti siano il futuro del trasporto. In primo luogo, il prefisso “bio” si riferisce
Alle biomasse, cioè ai materiali di origine biologica, e non è necessariamente sinonimo di sostenibile. Difatti, per coltivare le biomasse bisogna considerare lo sfruttamento dei terreni, il consumo di acqua, l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e, nondimeno, l’utilizzo di energia, anche soltanto per muovere un singolo trattore. C’è poi il processo industriale
Per la raffinazione. Ad esempio, il biodiesel viene prodotto a partire da oli vegetali, ma ne esiste più di un tipo. Uno di questi è il FAME, Fatty Acid Methyl Esther, generato aggiungendo agli oli vegetali metanolo o etanolo, a loro volta derivati da metano e petrolio. Un
Altro noto biodiesel è l’HVO, Hydrotreated Vegetable Oil, prodotto con l’idrogeno, che oggi, nella quasi totalità dei casi, deriva a sua volta da metano o – peggio – carbone. Quindi, la proverbiale domanda da un milione è: vale la pena produrre questi biocarburanti, oppure
Si tratta dell’ennesima fregatura mascherata da tentativo di greenwashing? Tra l’altro noterei che ogni volta che parliamo di greenwashing, c’è sempre questa camicia. Perché sì, di primo impatto sembra un’idea rivoluzionaria, una di quelle che ti fanno dire “OSTIA, ma perché
Non ci abbiamo pensato prima?”. Il problema è che, all’atto pratico, certe idee non sono poi così geniali. E, anzi, c’è sempre qualcuno che ci rimette. Ma facciamo un po’ di ordine. I biocarburanti si suddividono in due categorie. I biocarburanti di prima generazione, e quelli di
Seconda generazione. Per adesso, concentriamoci sulla prima categoria. I biocarburanti di prima generazione vengono prodotti a partire da biomasse derivate da colture alimentari come mais, grano, barbabietola da zucchero e canna da zucchero, oppure da oli vegetali estratti dai semi di palma, soia, colza e girasole. Le colture alimentari servono a produrre,
Tramite il processo di fermentazione di amidi e zuccheri, il bioetanolo, che viene poi miscelato alla benzina. Il carburante finale, comunque, alla fine è composto soltanto dal 10% di bioetanolo. Dagli oli vegetali, invece, come già detto, si produce il biodiesel FAME, che può solo essere
Utilizzato in miscela con diesel fossile, fino al 7%, o il biodiesel HVO, che potrebbe anche essere utilizzato in purezza. Entrambi i carburanti sono sul mercato da più di qualche tempo, tant’è che certe rotte commerciali si sono fatte piuttosto ricorrenti. L’Europa si attesta
Come la maggior importatrice non solo di biodiesel e di bioetanolo finiti, ma anche di biomasse per la loro produzione. Negli ultimi anni, abbiamo importato biodiesel principalmente da Indonesia, Malesia e Cina, paesi che – assieme al Vietnam – esportano biomasse anche in Giappone e Corea del
Sud. Dal canto loro, gli Stati Uniti producono ed esportano biomasse e bioetanolo verso Europa, India e Sudamerica. Una delle nazioni pioniere nel campo dei biocarburanti è certamente il Brasile, che dal 2008 produce bioetanolo a partire dalla canna da zucchero, di cui è il maggior produttore
Al mondo. Negli ultimi due anni, l’Unione Europea ha aumentato del 400% le importazioni di biocarburanti dal Brasile, che oggi coltiva anche mais e – soprattutto – soia per soddisfare la domanda del mercato occidentale. Il primo grande problema che si cela dietro ai biocarburanti,
Specialmente quelli di prima generazione, riguarda la loro strettissima correlazione con un fenomeno che di sostenibile ha ben poco: il land use change, il cambiamento d’uso del suolo. Però per parlarne, abbiamo chiesto una mano a Francesca Ventura, docente presso l’università di Bologna. Ovviamente, l’impatto ambientale del land use change dipende dalle sue finalità.
Per convertire una foresta in coltivazioni di biomasse, infatti, bisogna considerare il ruolo dei macchinari, che utilizzano energia ed emettono gas serra, oltre al fatto che l’abbattimento degli alberi di per sé riduce le capacità di cattura che quel terreno avrebbe avuto se gli alberi fossero rimasti al loro posto.
Ovviamente, la Cina è un esempio. In parole povere, dobbiamo considerare che dietro la lavorazione di un terreno c’è un sistema complesso, che richiede un consumo di energia già solo per produrre semi e piantarli. O meglio, qualcuno avrà consumato quell’energia al posto mio per produrre i semi.
Ad esempio, secondo due studi pubblicati dalla Commissione Europea nel 2012 e nel 2016, se si considerano le emissioni dovute all’ILUC, tutto il biodiesel a base di olio vegetale ha un’impronta climatica più elevata del diesel fossile. Nello specifico, queste emissioni sono
Particolarmente elevate per olio di palma e soia, che superano rispettivamente del triplo e del doppio le emissioni del diesel fossile. Capite bene che, in questo caso, il gioco non vale la candela. Ed è facile semplificare la questione e ingannare i consumatori. Tra il 2019 e il 2020,
Sulla base delle implicazioni climatiche dell’ILUC legato alla monocoltura dell’olio di palma, l’AGCOM ha multato per 5 milioni di euro l’ENI, avendo l’azienda pubblicizzato in modo ingannevole il suo prodotto EniDiesel+ – ovvero un gasolio contenente il 15% di olio vegetale idrogenato,
HVO, derivato dall’olio di palma – come verde, sostenibile e in grado di ridurre le emissioni del 5% per i gas serra e del 40% per l’inquinamento atmosferico. La decisione dell’antitrust – dopo essere stata impugnata da ENI – è stata confermata dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio,
Che ne ha respinto il ricorso.[ Nel 2021, con il Decreto legislativo n. 199 dell’8 novembre, in recepimento e attuazione della direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, l’Italia aveva già introdotto l’esclusione dai sussidi pubblici
Per la produzione di biodiesel da Olio di Palma e sottoprodotti a partire dal primo gennaio 2023. Venendo meno gli incentivi, Eni aveva prontamente annunciato di rinunciare all’olio di palma per i suoi stabilimenti. Tuttavia, nel settembre 2023 è stata approvata una modifica al decreto spostando
Il limite al 2025. Cosa farà il colosso energetico adesso? Staremo a vedere. Comunque, Torneremo più avanti a parlare dell’Eni. Il secondo problema di coltivare terreni per usi energetici è che causa tensioni sui mercati delle materie prime per la produzione alimentare generando scarsità e aumento
Dei prezzi. Per alleviare gli impatti sul settore alimentare, in termini di volumi disponibili e di costi, il World Resource Institute raccomanda di evitare che terreni e materie prime siano oggetto di competizione con il settore delle bioenergie. Ogni giorno, l’Europa trasforma
10.000 tonnellate di grano, l’equivalente di 15 milioni di pagnotte da 750gr l’una, in etanolo da utilizzare nelle auto. Il fatto è che coltivare materie prime per la produzione di biocarburanti rappresenta un uso inefficiente e sub-ottimale del suolo per ridurre le emissioni. Difatti,
A parità di output energetico, la tecnologia fotovoltaica può soddisfare gli stessi bisogni di mobilità utilizzando superfici 40 volte minori . Immaginiamo che Novalandia abbia un terreno grande un ettaro (10 mila m2), e che ci coltivi colza per alimentare a biocarburanti la macchina
Sportiva di Sua Altezza Imperiale Simone Guida, in modo da fargli percorrere 5000 km su strada. Se però il Sua Demonetizzabilitudine utilizzasse una macchina elettrica, basterebbe utilizzare soltanto il 2,5% di quel terreno per piazzare pannelli solari e permettere a Sua Pratosità di percorrere la stessa distanza, ma con un motore elettrico. E questa non
È l’unica soluzione intelligente per ridurre le emissioni dovute allo sfruttamento del suolo. Dunque, i biocarburanti di prima generazione non convincono poi molto. Ora che li abbiamo spolpati per bene, però, non è mica finita qui. Passiamo ai loro cugini, quelli con gli steroidi,
Al loro stadio super saiyan: i biocarburanti di seconda generazione. I biocarburanti di seconda generazione sono prodotti utilizzando le cosiddette biomasse di scarto, categoria ombrello che comprende residui boschivi, il cosiddetto “organico” dei rifiuti urbani, rifiuti delle catene produttive alimentari, scarti degli allevamenti animali e persino
Gli oli da cucina usati per cucinare una bella bisteccona e friggere patatine e supplì . Ve l’avevo detto. In linea di massima, i biocarburanti di seconda generazione sono considerati più sostenibili di quelli derivati da biomasse coltivate appositamente, proprio perché la loro produzione si basa sulla logica del riciclo, della così detta economia
Circolare. Gli oli da cucina usati, indicati con la sigla UCO – used cooking oil – darebbero un contributo rilevante alla riduzione di emissioni di gas serra una volta raffinati in biodiesel. Per questo motivo, Europa e Stati Uniti prevedono di raddoppiarne le importazioni entro il 2030. Già,
Perché a casa nostra disponiamo di quantità molto limitate di oli usati, non siamo particolarmente abituati alla raccolta differenziata di oli – per usare un eufemismo – e per produrre biodiesel da questi ultimi siamo costretti a importarne circa l’80%, principalmente
Da paesi asiatici come Cina, India e Indonesia, ma anche Giappone, Malesi a e Corea del Sud. Sì, in pratica compriamo gli scarti delle loro cucine. O così ci fa comodo pensare. Benché sia possibile acquistare direttamente il biodiesel, Il 60% delle importazioni europee di UCO proviene dalla Cina,
Dove si ritiene che – in presenza di uno scarso controllo sulle fonti di approvvigionamento – i fornitori falsifichino l’origine degli oli usati. Questi, in realtà non sarebbero rifiuti, bensì miscele di oli e sottoprodotti della coltivazione di palma a basso prezzo, ma ad
Elevato impatto ILUC, che poi vengono rivendute a un prezzo più alto in ragione delle sempre maggiori richieste di biodiesel. La loro domanda è “drogata” da incentivi doppi rispetto a quelli di prima generazione. Lo scorso agosto, sotto spinta della Germania, la Commissione Europea ha
Aperto un’indagine sulla provenienza del biodiesel importato dalla Cina, che verrebbe spacciato per biocarburante di seconda generazione, quando in realtà sarebbe prodotto a partire da olio di palma estratto in Indonesia tramite intense attività di deforestazione e poi trasportato in quel di
Pechino. Questo tipo di frode avverrebbe per un motivo ben specifico, e cioè la disponibilità di oli usati, che – com’è facile immaginare – è limitata. Ed ecco che l’economia circolare va a farsi letteralmente friggere. Quindi ricapitolando: abbiamo dei biocarburanti,
Che possono essere di prima o seconda generazione che siano, che – in certi casi – possono essere più dannosi dei combustibili fossili per clima e ambiente. Significa quindi che li dobbiamo buttare oppure esorcizzare nemmeno fossero Satana? Nient’affatto. Nel suo complesso,
Il settore dei trasporti genera quasi il 25% di tutte le emissioni di gas serra a livello globale, e un quarto di tutta l’energia del pianeta è finalizzata a muovere automobili, camion, navi e aerei. Il problema è che il 96% di quest’energia è coperta dai combustibili fossili.
Ad oggi i biocarburanti ammontano soltanto al 3,5% dell’intero fabbisogno del settore. Come dicevamo qualche minuto fa, il loro contributo non è neutrale dal punto di vista carbonico. Anzi, varia in base al tipo di biomassa usata, e non è detto che riduca le emissioni. Partendo
Dall’assunto che abbiamo pochi biocarburanti che offrono un vantaggio climatico, e che quindi dobbiamo usarli con parsimonia, i biocarburanti possono dunque giocare un ruolo chiave nella decarbonizzazione dei trasporti, soprattutto nei settori cosiddetti hard-to-abate, cioè quelli dove è difficile trovare un’alternativa al fossile, considerata la necessità di grandi quantità di
Energia. Pensiamo ad esempio al trasporto aereo, oppure alle grandi navi che percorrono lunghe tratte. Il principio di fondo, comunque, è che i biocarburanti dovrebbero rappresentare un alleato per la famosa transizione ecologica, e non un nuovo standard. Difatti, sono in via di studio
Prospettive di impiegare, sia nell’aviazione che nel trasporto navale, l’idrogeno verde e carburanti sintetici da esso derivati, di cui abbiamo parlato estensivamente in questo video, questo qui a schermo. Per quanto riguarda invece il trasporto su gomma, secondo la International Energy Agency, in uno scenario compatibile con le ambizioni di azzeramento delle emissioni entro il
2050, l’unica alternativa valida ai combustibili fossili è l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed utilizzata per alimentare veicoli elettrici. Non a caso, un mezzo di trasporto elettrico è tre volte più efficiente di uno endotermico e, secondo Bloomberg, nel 2040 la metà
Dei veicoli circolanti sarà alimentato a batteria. E nel nostro bellissimo paese, in Italia, cosa stiamo facendo per andare incontro al futuro? Negli ultimi due anni, dallo guerra in Ucraina, si parla sempre di più di indipendenza energetica. Peccato che, perlomeno nel nostro caso, i biocarburanti vadano nella direzione esattamente contraria a quest’indipendenza. Nel 2021,
In Italia abbiamo consumato circa 1,6 milioni di tonnellate di biocarburanti liquidi. Per il 98% si tratta di biodiesel per cui il Piano Nazionale Energia e Clima prevede un raddoppio dei consumi al 2030, fino a raggiungere le 3 milioni di tonnellate. Ora, delle 1,6 milioni di
Tonnellate consumate nel 2021, soltanto un terzo sono state processate sul territorio italiano – in buona parte negli impianti di raffinazione Eni di Gela e Porto Marghera – e meno di 100mila tonnellate hanno avuto origine da materie prime locali. Ve la metto in termini percentuali, per
Farvi capire l’assurdità. L’Italia importa l’88% di tutte le materie prime che lavora per raffinare biocarburanti liquidi, e il 40% di queste materie prime proviene da Cina e Indonesia, proprio dove sorgono dubbi sulla legittimità della loro origine. Insomma, alla faccia dell’indipendenza energetica e della sostenibilità. Un’industria che praticamente si regge quasi unicamente
Sulle importazioni e che fa sorgere un dubbio gigantesco. Che i biocarburanti servano a scopi diversi dalla tanto agognata decarbonizzazione? Per soddisfare le ambizioni del Piano Nazionale Energia e Clima dell’Italia sui biocarburanti, Eni è il punto di riferimento nazionale, attraverso
I suoi impianti già convertiti a bioraffinerie, e altri in prospettiva. È il caso degli stabilimenti di Stagno, in provincia di Livorno, che nel 2025 dovrebbero produrre quasi 2 milioni di tonnellate di biocarburanti. Nel 2022, il governo aveva stanziato 260 milioni di euro da spalmare in
Tre anni per consentire questi ammodernamenti. In aggiunta, nel 2023 Roma ha provato a inserire gli investimenti per la riconversione nel RepowerEU, il piano comunitario per favorire la transizione ecologica e garantire ai paesi dell’Unione una maggiore indipendenza energetica. Tuttavia, la Commissione Europea non ha ammesso il finanziamento comunitario di questi progetti in
Quanto non in linea con le ambizioni di RepowerEU, ma Eni effettuerà comunque la conversione . Ma c’è di più. Invocando biocarburanti, l’Italia si oppone al divieto europeo di immatricolazioni di veicoli a motore endotermico previsto per il 2035. Roma obietta che quella dell’Europa
È una “posizione ideologica”, e Matteo Salvini si è spinto a dire che il piano per smettere di produrre motori endotermici è un “suicidio economico influenzato dai lobbisti cinesi”. Ma stiamo parlando degli stessi cinesi che ci forniscono oli da cucina usati a rischio frode
Per permetterci di raffinare biocarburanti? Già, perché il piano di Eni consisterebbe nel continuare a importare oli vegetali dall’Asia. Ma non solo. Per incrementare la disponibilità di biomasse, Eni ha avviato o sta avviando lo sviluppo di agri-feedstock, cioè produzioni agricole industriali in sei paesi africani: Kenya, Congo, Angola, Costa d’Avorio,
Mozambico e Rwanda. La principale materia prima che verrà estratta è l’olio di ricino, una pianta che – a dire dell’azienda – è in grado di crescere anche in terreni degradati e aridi, affiancata da noci di croton e cotone. Nel sud del Kenya, a Wote, esiste già un cosiddetto agri-hub di Eni
Che impiega più di un centinaio di persone e che si occupa di spremere semi di ricino per generare olio. Quest’ultimo viaggia fino a Mombasa, e da lì si imbarca verso Gela, sede della bioraffineria italiana. Tra gli impatti attesi dei nuovi progetti nei paesi africani, Eni scrive che entro
Il 2030 la produzione di biomasse darà redditi a 100mila famiglie. Sembra tutto perfetto: il ricino si può piantare in terreni marginali, desertici e anche inquinati. Niente competizione con prodotti agricoli alimentari, niente deforestazione, lavoro a go-go. Dove sta il trucco? Sebbene possa essere coltivato in condizioni proibitive, per avere una resa economica vantaggiosa
Il ricino dovrebbe essere sottoposto a irrigazione, all’utilizzo di pesticidi, fertilizzanti e alta meccanizzazione di lavoro che l’azienda invece sostiene siano innecessari. Il tutto senza contare che le monocolture intensive potrebbero avere ripercussioni negative, anche sulla sicurezza alimentare delle popolazioni locali. Infine, occorrerà studiare ed elaborare sementi ibride adatte alla produzione di biocarburanti,
Sperimentazione che verrà condotta in Sardegna da Agri Energy, una società partecipata da Eni e Bonifiche Ferraresi che, con 9.000 ettari di terreno a disposizione, è la più grande azienda agricola italiana. L’intero processo di ricerca, implementazione, coltivazione all’estero, reimportazione delle materie prime e raffinazione ha ovviamente un costo. A partire dal 2015,
Secondo direttive europee, in Italia esiste l’obbligo per i fornitori di benzina e gasolio di immettere in consumo una quota minima di biocarburanti, calcolata sulla base di quanti carburanti fossili sono stati venduti nello stesso anno. Nel 2021, i fornitori hanno
Rilevato un miliardo di euro di biocarburanti da rendere disponibili alle pompe, del cui valore devono ovviamente rientrare. L’immissione dei biocarburanti nel mercato è costata in media a ogni famiglia quasi 30 euro. La riduzione teorica delle emissioni di CO2 è stata pari a 4,2 milioni
Di tonnellate, che a conti fatti vuol dire circa 238 € per ogni tonnellata di CO2 risparmiata, a fronte di un prezzo di mercato della CO2 che in quel periodo era di circa 40 €/t. Facendo due conti, i costi per i cittadini degli incentivi a biocarburanti e biometano previsti dal Piano
Nazionale Energia e Clima dell’Italia da qui al 2030, ammonterebbero a circa 20 miliardi di euro in aumenti dei prezzi alle pompe di benzina. Ma lasciate che vi racconti della ciliegina sulla torta Sacher, visto che a me piacciono tanto le Sacher. Lo scorso luglio l’AGCM ha avviato
Un’istruttoria dove emerge che Eni, Esso, Total e altre aziende sono sospettate di aver creato una sorta di “cartello” dei biocarburanti abusando della propria posizione dominante nel mercato. Dal 2019 a oggi, queste compagnie avrebbero sostenuto un aumento ingiustificato dei prezzi
Della componente bio da miscelare ai combustibili fossili da 20 euro a 60 euro al metro cubo. L’aumento sarebbe costato agli autotrasportatori qualcosa come due miliardi di euro. Quindi, chi è che ci guadagna, alla fine dei conti? Lascio trarre a voi le conclusioni. Il rischio
Più evidente, però, è che i biocarburanti possano essere sfruttati e propagandati per perpetuare il modello fossile, con la scusa che “vabbé, ma che sarà mai coltivare un terreno e farci del carburante, ben venga no!”. Ricordiamoci di non perdere mai la visione d’insieme.
“Per fare un albero ci vuole un fiore” non è soltanto una canzone. è un po’ la versione per bambini di “nulla si crea, nulla si distrugge”. In questo preciso momento storico non abbiamo bisogno di tutte le soluzioni disponibili,
Bensì di tutte le soluzioni sensate. E non tutto ciò che è bio è sempre sensato. Per aspera.
INSTANT GEOPOLITICA, il mio nuovissimo saggio, disponibile qui: https://amzn.to/40RLZsi
PROGETTO KIRGHIZISTAN: https://donorbox.org/reportage-kirghizistan-nova-lectio
Il Podcast di Nova Lectio, “Storie di Geopolitica”: https://open.spotify.com/show/3UiVY0fowLQKMxv0OBZ52r
Supporta Nova Lectio con un abbonamento NordVPN: https://nordvpn.com/scontonovalectio
Per supportare il canale:
Patreon: https://www.patreon.com/novalectio
Abbonamento su Youtube:
https://www.youtube.com/channel/UCRCWJCFoZUvkkWzIqzfBy6g/join
Paypal: https://paypal.me/novalectio?locale.x=it_IT
Instagram: https://www.instagram.com/novalectio/?hl=it
Sito Web: https://nova-lectio.com/
Motion graphic e voiceover, Alberto Lodi.
Testo e ricerca, Jacopo Turco.
Editing, Simone Guida.
Un grazie per l’intervista a Francesca Ventura, agrometeorologa e docente presso l’Università di Bologna.
Negli ultimi anni si sta parlando sempre più di biocarburanti, ovvero carburanti prodotti a partire da materie prime di natura biologica, come piante o oli usati. Tuttavia, per produrre biocarburanti non basta coltivare un terreno oppure riciclare l’olio usato per cucinare delle patatine fritte, ma occorre tenere in considerazione vari fattori, come il cambiamento d’uso del suolo, il contrasto con le colture destinate all’alimentazione e il processo di raffinazione. Per l’Italia, i biocarburanti sono il futuro del trasporto su strada e possono aiutare la transizione ecologica. E se invece i biocarburanti non fossero nient’altro che un modo per perpetuare il modello fossile?
0:00 Cosa sono i biocarburanti: è possibile alimentare un’automobile con le piante?
2:28 I biocarburanti di prima generazione e i problemi del land use change
11:47 I biocarburanti di seconda generazione. Oli usati come carburanti?
14:19 Il ruolo dei biocarburanti nella decarbonizzazione
16:26 Perché i biocarburanti non ci rendono indipendenti dal punto di vista energetico: gli investimenti di Eni
22:25 I costi dell’introduzione dei biocarburanti per noi italiani
24:01 Il vero rischio dei biocarburanti: perpetuare il modello fossile
Questo video è stato sostenuto dalla Meliore Foundation. L’autore è responsabile delle informazioni e delle opinioni contenute in questo filmato. La Meliore Foundation non può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto delle informazioni contenute o espresse.
Fonti utilizzate:
Inquinanti, inefficienti e scarsamente disponibili I dati di T&E bocciano biofuels e e-fuels
Biocarburanti: impatti e rischi per una strategia allineata a 1,5°C
https://www.irena.org/-/media/Files/IRENA/Agency/Publication/2022/Aug/IRENA_Bioenergy_for_the_transition_2022.pdf?rev=18caf4e0639e41548c1a019b9ad305c3
https://apps.fas.usda.gov/newgainapi/api/Report/DownloadReportByFileName?fileName=Biofuels%20Annual_Brasilia_Brazil_BR2023-0018
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0960148120302081
https://www.spglobal.com/commodityinsights/en/market-insights/latest-news/agriculture/100423-global-uco-supply-to-double-by-2030-as-us-eu-policies-drive-asian-supply
80% of Europe’s ‘used’ cooking oil now imported raising concerns over fraud – study
https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/bce57864-ee54-11ea-991b-01aa75ed71a1
https://www.bloomberg.com/news/articles/2023-04-27/europe-battles-flood-of-green-fuel-suspected-to-be-fraudulent
https://www.reuters.com/business/energy/germany-triggers-eu-investigation-into-chinese-biofuels-sources-2023-06-07/
https://www.reuters.com/business/energy/eu-probe-if-indonesia-circumventing-biodiesel-import-duties-2023-08-17/
https://www.transportenvironment.org/wp-content/uploads/2021/07/UCO%20briefing%202021.pdf
https://iea.blob.core.windows.net/assets/830fe099-5530-48f2-a7c1-11f35d510983/WorldEnergyOutlook2022.pdf
https://www.iea.org/reports/renewables-2022/renewable-electricity
https://about.bnef.com/electric-vehicle-outlook/
CIRCOLARE 2022: PROMOZIONE DEI BIOCARBURANTI DA UTILIZZARE IN PUREZZA
https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/repowereu/
https://www.reuters.com/business/autos-transportation/italy-makes-biofuel-demand-eu-attempts-unblock-combustion-engine-phase-out-2023-03-22/
Economic Suicide? Italy Leads Opposition to EU’s 2035 Ban on Fossil Fuel Cars
https://www.agi.it/native/innovazione/news/2023-01-17/agri-feedstock-filiera-biocarburanti-eni-19679823/
https://forbes.it/2023/09/06/eni-il-piano-per-i-combustibili-sostenibili-e-decarbonizzare-i-trasporti/
https://www.gse.it/documenti_site/Documenti%20GSE/Rapporti%20delle%20attivit%C3%A0/GSE_Rapporto_Attivit%C3%A0_2021.pdf
https://eccoclimate.org/wp-content/uploads/2023/06/ECCO_PNIEC-e-Investimenti_22giugno2023.pdf
21 Comments
Non diciamo castronerie le auto elettriche non sono altro che un ulteriore inganno. Non esiste una produzione di energia elettrica totalmente "pulita". Le auto a 'batterie ricaricabili" hanno un costo di acquisto molto alto. Le infrastrutture non sono sufficienti. Il tempo di ricarica, nonostante i "super charge" , sono troppo elevati….Poi solamente a me il prezzo dell'energia elettrica e' quasi raddoppiato?? Fatevi una domanda e datevi una risposta!!
Ma scusate, se il 25% delle emissioni globali sono responsabili dei trasporti via terra, mare e aria… Perché non indaghiamo come ridurre allora il restante 75%… Boh mi sembra giardare la paiuzza nell'occhio… Ok l'elettrico è buono, nulla da dire, ma fanno schifo le batterie attuali.
Tecnicamente in agronomia: spiga di mais, spighe di mais-frumento-orzo mentre pannocchie di riso- sorgo.
Giusto per chiarezza.
Perché questo governo deve SEMPRE scegliere l'alternativa sbagliata e populista?
Mi ha sempre affascinato questo tema ma da caprone conoscevo (e speravo) solo il fatto di ricavarlo da scarti alimentari, mai avrei pensato si coltivasse appositamente, mi sarei detto "è un fottuto controsenso non può assere vero"
Ci puoi parlare della rivoluzione greca del 1821
Meglio lasciare questi temi ai tecnici. Tante info, ma confuse
Vorrei ricordarvi che nel 1998/99 , circa, la Renault propose un modello
ad aria compressa che chiamò Eolo.
Come si manda a Salvini questo video ?
Comunque il trio Italia-olio di ricino-africa mi sembra molto inquietante.. soprattutto con la politica italiana attualmente in carica..
Per me.. i carburanti biologici.. sono una cagata pazzesca!!
E assurdo, importiamo biocarburanti dalla Thailanda e Cina di cui non siamo sicuri per ridure l'inquinamento ma non facciamo la raccolta del olio di cucina esausto, che probabilmente verra gettatto giu per il lavandino, inquinando tutto. E' un cavolo di controsenso e soldi buttati.. classica storia di incompentenza al italiana..
Ottimo video ragazzi, ma vorrei suggerirvi di approfondire un punto che, a mio parere potrebbe fare la differenza in tema ambientale, e suggerirvene un altro.
Ovvero, le superfici inutilizzate per produrre energia… quella dei tetti (o coperture) degli edifici (pubblici, privati, industriali ed agricoli). Io sono circa 15 anni che lo dico… se utilizzassimo i tetti per produrre energia elettrica con il fotovoltaico, ce ne sarebbe moltissima, non concentrata ma dislocata su tutto il territorio (con ovvi vantaggi per la rete di distribuzione). Per lo stesso problema delle coltivazioni per i biocarburanti, sono estremamente contrario ai “campi fotovoltaici”.
Il secondo punto invece riguarda l’argomento della mobilità elettrica, e per questo se vuoi saperne di più dato che sono un professionista del settore, ti invito a contattarmi.
Purtroppo “l’elettrico” di oggi non è il futuro, anzi, sarà una bella piaga tra qualche anno. La mobilità elettrica ha un senso se fatta in modo tecnicamente corretto, sostenibile e pratico. Che di certo non è quello di oggi (che vuole la gente o le case autobilistiche o i politici).
Ancora complimenti per il canale, continuate così e rimanete sempre imparziali e corretti!
Un caro saluto
Paolo
Ciao Nova Lectio, sarebbe interessante un video sull'energia nucleare. Come sai, c'è tantissima disinformazione sul tema
Parlerai dell'auto alimentata ad acqua che i nipponici stanno approntando ?
Simone ma te guidi una Suzuki Swift nera, non una Panda bianca. 😏
Non sono l'alternativa e infatti Germania e Giappone stanno investendo molto sugli E-Fuel: Porsche ad esempio ha avviato la produzione industriale di carburanti sintetici in Cile nell’impianto pilota "Haru Oni" di Punta Arenas.
Noi invece siamo fermi ad ammazzarci di pippe mentali su idiozie come i bio fuel e l'auto elettrica quando non ci possiamo permettere di accendere contemporaneamente forno e lavatrice, ma soprattutto dopo aver messo al bando la "povera" lampadina ad incandescenza in nome del risparmio energetico di sta ceppa!
La scarsità di generi alimentari è una fuffa colossale.. Lo dimostra il fatto che nel 2024 ci siano ancora popoli che muoiono letteralmente di fame ed altre popolazioni che buttano il cibo dopo un giorno dalla scadenza.
è logico che deforestando non vale la candela ma solamente mettendo in uso i terreni incolti (come quelli del sud italia in mano alla mafia).
In brasile è gia 20 anni che i piu poveri vanno avanti ad olio nelle macchine diesel, basta modificare alcune piccole parti nel motore e basta avere un clima temperato. (nel web ci sono ancora forum che ne parlano). Diesel inventò il suo motore per farlo andare ad olio, proprio come Ford inventò il motore a bioetanolo di canapa.
Io utilizzo 50% olio esausto nel mio riscaldatore diesel.. il vero biodiesel non ha tracce di diesel, e si usa metanolo e soda caustica per estrarlo.
Ciao Simone, credo sia uno dei video più belli che hai mai fatto. Questo è praticamente giornalismo d'inchiesta complimenti. Solo una piccola nota, l'istruttoria agcm per ora è solo un istruttaria di sospetti, non alimentiamo ipotesi complottiste ma basiamoci sui fatti. Spero sia per te di stimolo, non vuole essere una critica asettica. Mi sarebbe piaciuto condividere questo video 😢
Vi invito a fare il seguente esercizio: aprite la finestra, guardate giù e contate il numero di veicoli di vario tipo (privato, commerciale, etc) a motore endotermico. Poi aprite l'app della banca e leggete il saldo. Basta a comprare un'auto elettrica? Ora, moltiplicate questa cosa per il numero di auto in circolazione. Quante auto elettriche riusciremo a sostituire in tempo rapido per venire in contro alle necessità di riduzione della CO2? Credo poche, ma sono io che non sono fiducioso. L'elettrico come unica soluzione è la transizione ecologica dei ricchi. E chi non potrà permetterselo, starà a casa. Sarebbe molto bello vedere un video sull'impatto economico di questa transizione sulla popolazione europea. E sorvolo completamente sia sulle problematiche relative alla geopolitica delle terre rare contenute in batterie e motori elettrici (quelle vengono solo dalla Cina, perché li le lavorano senza uno straccio di regolamentazione, ma va benissimo così). La transizione ecologica monotecnologica è pura ideologia.
Ancora con sta storia dei combustibili 'fossili' … Fossili di che … A detta dei scienziologi su dei corpi celesti , sui sateliti di non so quale pianeta c'è metano … Quindi dobbiamo capire che i dinosauri erano sparsi anche su altri pianeti o cosa … Io rischio volentieri di sembrare un troglodita mentecatto però e arrivato il momento di mettere in discussione tante cose ormai diventati dogmi … Dogmi che fanno comodo a questa o quel altra narrativa…