Come gli Stati Uniti hanno perso la Guerra del Vietnam

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La guerra è una tragedia, dovunque la si combatta. Perché a rimetterci è sempre chi, la guerra, non la vuole affatto. 2 settembre 1945. Hanoi, Vietnam. Nell’aria c’è un odore acre, di fuoco e polvere da sparo. È una calda giornata di tarda estate, quando un uomo sulla cinquantina, con la barba

Raccolta in un pizzetto e indosso una tunica militare color kaki, sale su un palco, e prende in mano un microfono. Di fronte a lui c’è una folla gremita. Mezzo milione di persone pronte ad ascoltare cos’ha da dire. L’uomo con il pizzetto si schiarisce la gola, e pronuncia

Trionfante queste esatte parole: Come l’uomo con il pizzetto tiene a specificare, quelle parole sono una diretta citazione alla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, risalente al 1776. Un incipit forte, per un discorso che mira a tracciare un futuro libero dall’oppressione, per il popolo vietnamita. L’uomo con il pizzetto

Si chiama Nguyễn, un cognome comune alla metà dei vietnamiti, ma tutti lo conoscono con uno pseudonimo: Ho Chi Minh, “colui che illumina”. Quel 2 settembre, Ho Chi Minh dichiara l’indipendenza della Repubblica Democratica del Vietnam, che in seguito sarebbe

Stata nota come Vietnam del Nord. Sul palco, di fronte a mezzo milione di persone, c’è però un altro uomo: il maggiore Archimedes Patti, il rappresentante dell’intelligence statunitense in Vietnam. Al termine del discorso, un velivolo americano sorvola Hanoi, tra gli applausi scroscianti della folla. Ora, so benissimo cosa vi starete chiedendo: che ci

Fa un militare americano, nel 1945, in Vietnam, per di più al fianco di un comunista? Un comunista che, tra l’altro, si chiama Ho Chi Minh e ha appena citato Thomas Jefferson? Già, perché – con il suo discorso – Ho Chi Minh ha inconsciamente dato inizio a uno dei

Più sanguinosi conflitti della storia, dieci anni di fango e sangue che hanno fatto registrare agli Stati Uniti la loro prima sconfitta politica e militare di sempre. Ebbene questa è una di quelle classiche stranezze che mascherano delle verità su cui fa comodo tacere. Quest’oggi

Discuteremo finalmente di un argomento di cui non si conosce mai abbastanza: la guerra del vietnam. Nel raccontare un conflitto complesso come quello del Vietnam, occorre tracciare un fondamentale filo rosso. Come sostiene lo storico Mitchell K. Hall, se alla Casa Bianca hanno sempre

Considerato la lotta contro i guerriglieri vietnamiti come parte di una più grande sfida al comunismo globale, d’altro canto il Vietnam del Nord ha continuato a vedere la guerra con gli americani come l’ultima fase di una lunga battaglia per l’indipendenza nazionale. Iniziamo dal concetto meno immediato dei due. Per comprendere il perché dell’atteggiamento

Nordvietnamita, bisogna sapere che, nel corso della sua storia millenaria, il Vietnam è stato più volte soggetto a occupazioni straniere. La prima, quella della Cina, che dominò i territori vietnamiti dal 111 a. C al 900 d.C., un millennio in cui ne influenzò sia la lingua

Che la cultura e la religione. Più avanti, i regni vietnamiti resistettero alle invasioni mongole, conquistarono gli imperi laotiano e cambogiano, e nel 1802 unificarono tutto l’est della Penisola Indocinese sotto l’egida della dinastia Nguyễn. A causa delle divisioni interne a quest’ultima, tuttavia, nel 1857 l’imperatore Napoleone III, interessato

A ottenere la propria fetta di Asia, ordinò l’invasione del Vietnam. Entro il 1883, la Francia arrivò a controllare l’intero paese, che procedette a dividere in tre regioni: la Cocincina a sud, dove sfocia il fiume Mekong; l’Annam, al centro, tagliato dalla Catena Annamita; e il Tonchino [pronunciare, ovviamente, Tonkino], al confine settentrionale con la

Cina. Conquistati anche Laos e Cambogia entro il 1893, la Francia dichiarò la nascita dell’Indocina francese, con capitale Hanoi. Il periodo del colonialismo portò tutto fuorché un fantomatico progresso. Benché la minoranza vietnamita istruita, legata all’aristocrazia Nguyễn e alla lingua cinese, traesse vantaggio dalla presenza francese, la popolazione comune – perlopiù

Contadina – si trovò a rispondere ai bisogni di un’economia estrattiva, che richiedeva che cibo e risorse naturali venissero trasferite in Europa. Inoltre, qualsiasi forma di dissenso era vietata, punita e repressa. Questo sconfortante contesto permise il sedimentarsi di un forte sentimento nazionalista in chiave antifrancese, non necessariamente favorevole agli ormai

Regnanti-fantoccio Nguyễn. La più importante forza politica pro-indipendenza venne rappresentata, negli anni ’30, dal Partito Comunista Indocinese, fondato da Ho Chi Minh. Questi, in quanto figlio di un burocrate, aveva potuto studiare in Francia e in Russia e, influenzato dagli scritti di Lenin, riconosceva nella lotta contadina l’unico modo per liberare non

Solo il Vietnam, ma anche l’intera penisola indocinese, dal giogo coloniale. Come noi tutti sappiamo, nel 1940, la Francia venne invasa dalla Germania nazista, e l’Indocina venne occupata dal Giappone. Intenzionato a scacciare l’ennesimo invasore, nel ‘41 Ho Chi Minh riunì tutte le forze del paese, moderate e radicali, sotto la bandiera della

Lega per l’indipendenza del Vietnam, meglio nota con l’abbreviazione Viet Minh. I Viet Minh combatterono per ben quattro anni, finché ricevettero un aiuto che sembra stupefacente, ma che – a uno sguardo più attento – non lo è affatto. Nel marzo del ‘45, con il

Fronte del Pacifico che volgeva a favore delle forze alleate, il Giappone rese il Vietnam uno Stato-fantoccio a cui capo pose l’ultimo discendente della dinastia Nguyễn, Bao Dai. Fu allora che, per sfruttare il vuoto di potere creatosi con la definitiva cacciata dei francesi,

Ho Chi Minh contattò l’OSS, l’ufficio dei servizi strategici statunitense, il precursore della CIA. Interessati a sconfiggere i giapponesi nel sud-est asiatico, gli Stati Uniti paracadutarono ad Hanoi la “squadra Cervo”, un piccolo commando di agenti segreti che aveva lo scopo di addestrare i Viet Minh all’uso di bazooka, carabine e granate. All’epoca, infatti,

I quadri dell’OSS consideravano Ho Chi Minh un nazionalista, più che un comunista, e credevano che i Viet Minh avrebbero potuto rivelarsi un alleato cruciale. Poco dopo l’arrivo della squadra Cervo, complice la sconfitta del Giappone, le forze vietnamite ottennero il controllo di Annam e Tonchino, e il 2 settembre del ‘45 dichiararono l’indipendenza del

Vietnam. Si trattò più che altro una mossa politica, tracciata sulla speranza – poi rivelatasi vana – che gli Stati Uniti avrebbero fatto da potenza garante per l’indipendenza vietnamita. Un’indipendenza, a dirla tutta, molto precaria. Difatti, la Cocincina era ancora contesa con alcune formazioni fedeli alla dinastia Nguyễn, e con due sette religiose

Molto influenti tra i contadini, il Cao Dai e l’Hoa Hao. Per di più, terminata la Seconda guerra mondiale, Charles De Gaulle mostrò l’intenzione di volersi riprendere le proprie colonie in Indocina. Nell’ottobre del ’45, la Francia riacquisì il controllo di Saigon,

Facendo arretrare i Viet Minh verso nord. In questo frangente, Ho Chi Minh chiese aiuto per ben otto volte al presidente americano Harry Truman, ma l’appello non ricevette mai risposta. I combattimenti proseguirono per quattro anni. Nel ‘49 le autorità francesi

Riuscirono a chiamare dalla loro l’ex imperatore Bao Dai per fare da capo di Stato del Vietnam meridionale, e così minare la legittimità dei Viet Minh. La politica della Casa Bianca nei confronti dell’Indocina fu ambivalente, e in un certo senso attendista. Perlomeno finché non prese in considerazione il rapido mutamento dello scenario internazionale. Nell’agosto

Del ‘49, l’Unione Sovietica fece esplodere con successo la sua prima bomba atomica, e un mese più tardi Mao Zedong dichiarò la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Agli inizi del 1950, sia Pechino che Mosca riconobbero la Repubblica Democratica del Vietnam, cioè le aree controllate dalle forze di Ho Chi Minh, come Stato legittimo. Questa

Concatenazione di eventi spinse gli Stati Uniti a considerare i Viet Minh un pericolo, e a elaborare la cosiddetta “teoria del domino”. Secondo il Consiglio di Sicurezza Nazionale, data l’imponente presenza di Mosca e Pechino, se l’intero Vietnam fosse finito nelle mani di Ho Chi Minh, allora tutto il sud-est asiatico sarebbe insorto, divenendo

Poi comunista. Di conseguenza, sarebbe stato necessario supportare coloro che si stavano già opponendo all’avanzata dei Viet Minh, ovvero le forze francesi. Non a caso, nel febbraio del 1950 Washinton riconobbe legittimo il governo-fantoccio filofrancese dell’imperatore Bao Dai. A rafforzare le convinzioni americane fu poi lo scoppio della Guerra di Corea, nell’agosto

Del 1950. Ciononostante, queste convinzioni si basavano su un macroscopico errore di valutazione, cioè che, alla Francia, dotata di un esercito ben più avanzato di quello dei guerriglieri vietnamiti, sarebbe bastato un moderato supporto per vincere la guerra. La dura realtà non

Tardò a palesarsi. Nove giorni dopo l’appoggio al governo di Bao Dai, Parigi chiese formalmente aiuto alla Casa Bianca. Il segretario di Stato americano, Dean Acheson, avvertì Truman: “la scelta è la seguente: supportare un governo legittimo in Indocina, o assistere all’espansione del comunismo”. L’8 maggio, gli States annunciarono una prima tranche

Di aiuti militari destinati all’esercito francese, dal valore di 10 milioni di dollari. Nei quattro anni a venire, questi aiuti sarebbero ammontati a più di un miliardo di dollari, pari a circa l’80% delle spese militari totali sostenute dalla Francia in Indocina.

Nel frattempo, Viet Minh e forze francesi continuarono a combattere fino al maggio del ‘54, quando le prime inflissero una sanguinosa sconfitta alle seconde a Dien Bien Phu. La disfatta di Dien Bien Phu fu uno snodo cruciale del conflitto, perché la Francia si rese

Conto di non poter più sopportare lo sforzo bellico in Indocina, e si mostrò finalmente aperta a una mediazione. Gli Stati Uniti, ovviamente, furono tutt’altro che contenti. Mesi prima dell’inizio delle ostilità a Dien Bien Phu, le principali potenze internazionali si erano accordate per incontrarsi a Ginevra, proprio tra la primavera e l’estate del

1954, per discutere riguardo alla stabilizzazione della Corea e della penisola Indocinese. Il presidente Dwight Eisenhower, convinto sostenitore della teoria del domino, paventò per ben due volte la possibilità di un intervento americano diretto in territorio vietnamita. Il tutto all’oscuro della popolazione statunitense. Alla fine, la mossa di Eisenhower non si concretizzò

Per via della probabile ostilità del Congresso, ma il presidente, vedendo gli scarsi risultati dei francesi, temeva che questi ultimi avrebbero “svenduto” il Vietnam alla futura Conferenza di Ginevra. Col senno di poi, Eisenhower aveva ragione. Con Washington presente unicamente come osservatrice per evitare di riconoscere la legittimità del governo di Mao Zedong,

Con quest’ultimo timoroso di un intervento diretto statunitense, con una Francia arrendevole, e un Regno Unito e un’Unione Sovietica favorevoli alla mediazione politica, si giunse a una soluzione in “stile Corea”. Il 21 luglio del ‘54, il Vietnam venne diviso in due Stati, separati all’altezza del diciassettesimo parallelo: la Repubblica Democratica del Vietnam,

A nord; e lo Stato del Vietnam, a sud, guidato da Bao Dai. In aggiunta, fu previsto che l’intero Vietnam sarebbe stato riunito nel 1956, in seguito a delle elezioni democratiche. La divisione del Vietnam accontentò tutti, meno che i due principali attori in gioco: gli

Stati Uniti, che ora avevano visto riconosciuto uno Stato comunista, e i Viet Minh, che speravano di vedere da subito un Vietnam indipendente. Ho Chi Minh e i suoi, però, godevano di un vantaggio piuttosto rilevante. Al sud, Bao Dai godeva di un riconoscimento popolare praticamente

Nullo, e – con tutta probabilità – le elezioni del ‘56 avrebbero visto trionfare Ho Chi Minh, che avrebbe unificato il Vietnam sotto lo stendardo del comunismo. E questo, gli Stati Uniti non potevano permetterlo. La guerra dell’Indocina causò la morte di 110mila soldati francesi, 200mila Viet Minh, e 125mila civili vietnamiti. Un tremendo

Conteggio dei morti che, tuttavia, sarebbe stato soltanto il punto d’origine, il ground zero di un disastro annunciato. Capitolo 2. Casus belli (1954-1964) Disinnescare la bomba ad orologeria piazzata in Vietnam sarebbe stato possibile, qualora ci fosse stata la volontà di rispettare gli accordi di Ginevra. Tuttavia, gli States si

Erano già mossi in senso contrario durante lo svolgimento della Conferenza stessa. Nel giugno del ‘54, la CIA affidò al colonnello Edward Lansdale il comando della Saigon Military Mission, mirata a “condurre operazioni paramilitari contro il nemico [il Vietnam del Nord], e portare avanti una lotta politico-psicologica”. Sotto la guida di Lansdale, qualche decina

Di agenti segreti americani iniziò a diffondere notizie false sulla presenza di truppe cinesi ad Hanoi, sulla volontà di Ho Chi Minh di confiscare le proprietà, e su un imminente attacco nucleare statunitense al nord, in modo da convincere quanti più vietnamiti

A migrare verso sud. Questo tipo di propaganda giocò sicuramente un ruolo nel far spostare quasi un milione di persone da Hanoi verso Saigon, dieci volte il numero di individui che percorse la strada inversa. Simili azioni facevano parte di un a più ampia strategia

Intesa a rafforzare lo Stato del Vietnam contro il nord comunista. Il problema è che, a delinearla, questa strategia, furono la fretta e la poca lungimiranza. Sempre a giugno del ’54, Bao Dai scelse come suo primo ministro tale Ngo Dinh Diem. Diem, un anticomunista cattolico

Fuggito negli Stati Uniti, era una personalità gradita a diversi senatori americani, come il democratico Mike Mansfield, ma in molti non lo vedevano di buon occhio. Ad esempio, sappiamo che il segretario di Stato John Foster Dulles e l’ambasciatore americano a Saigon, Joseph Collins, avrebbero volentieri sostituito Diem, considerando che non sarebbe mai riuscito

– da cattolico – a legittimarsi di fronte a una società prettamente buddhista. Per di più, diverse cellule Viet Minh erano rimaste quiescenti a sud, la presa sulla popolazione delle sette Cao Dai e Hoa Hao era ancora forte, e gran parte di Saigon era controllata da

Una potente organizzazione criminale nota come Bihn Xuyen. Dalla sua, Diem godeva di un altro grande fan, nonché l’unica persona che poteva avere contatti diretti con lui. Esattamente, il colonnello Lansdale della Cia. Sin da subito, Lansdale ottenne l’autorizzazione a destinare pagamenti ai leader della setta Cao Dai in modo da contrastare attivamente

La Bihn Xuyen. Tra il ’54 e il ’55, grazie al supporto tattico della missione militare americana, Diem riuscì a racimolare un esercito in grado spezzare e assorbire l’organizzazione criminale, intimorire le sette, e così ottenere il controllo di Saigon. Successivamente, Diem

Organizzò un referendum che, con un eclatante 98% dei voti, gli permise di sostituire l’imperatore Bao Dai come capo di Stato, e così imporsi come pseudo-dittatore del Vietnam del Sud. Si trattò, per certi versi, di una mossa geniale, perché rispondeva a un preciso bisogno

Americano, e cioè ritardare quanto più possibile le elezioni che si sarebbero dovute tenere nel ’56 e che, probabilmente, avrebbero consegnato il Vietnam a Ho Chi Minh. Come previsto, Diem fece gli interessi statunitensi, e rifiutò di tenere qualsiasi tipo di elezione

Nazionale. Fu allora che Eisenhower e Dulles cominciarono a pensare a Diem come unico argine del comunismo. Nel ’57 Diem fu accolto come un eroe a New York. Questo perché, sin dalla sua presa di potere, aveva ordinato al neonato esercito sudvietnamita di attaccare gli avamposti

Comunisti rimasti nel sud dell’Annam e in Cocincina. Nel corso delle operazioni, Diem arrestò più di 65mila presunti comunisti, tra cui, però, figuravano anche rivali politici, monaci buddhisti e personaggi scomodi al nuovo regime autoritario. Nel frattempo, Diem ebbe modo di nominare diversi suoi familiari al governo. Tutto ciò non sarebbe stato possibile

Senza gli aiuti militari americani, che sul finire degli anni ’50 aumentarono fino 250 milioni di dollari all’anno, pari a quasi tre miliardi di dollari odierni. In tutto questo, il Vietnam del Nord non rimase certo con le mani in mano. Inizialmente, il Politburo di Hanoi – supportato ideologicamente dall’Unione Sovietica – si concentrò sul

Consolidare il proprio potere. Da un lato, i leader comunisti effettuarono con successo la redistribuzione delle terre ai contadini, ma nel farlo uccisero più di 15mila persone innocenti indicate erroneamente come possidenti terrieri e borghesi. Sistemata la situazione interna, rimaneva da decidere le prossime mosse. Ho Chi Minh era contrario a un’azione

Diretta contro il sud, ma presto gli altri leader del Politburo lo scavalcarono. Nel ’59, Hanoi ordinò le prime spedizioni di personale e approvvigionamenti verso il sud, attraverso quello che poi sarebbe divenuto noto come Sentiero di Ho Chi Minh. In meno

Di un anno, le cellule comuniste del sud reclutarono quanti più oppositori di Diem possibile, e diedero vita al Fronte di Liberazione Nazionale, che noi conosciamo con l’appellativo affibbiatogli dal regime di Saigon: Viet Cong, cioè “vietnamiti comunisti”. Gli scontri che ne seguirono lasciarono emergere l’inadeguatezza dell’esercito sudvietnamita. Lo stesso colonnello Lansdale

Comunicò a Washington che presto Saigon sarebbe caduta nelle mani di Ho Chi Minh. In altre parole, fino a quel momento gli aiuti americani erano serviti a poco o nulla, e il Pentagono temeva seriamente il manifestarsi della teoria del domino. Di fronte a questa terribile prospettiva, la Casa Bianca dovette alzare la posta.

Una volta sedutosi nello Studio Ovale nel gennaio del ’61, John Fitzgerald Kennedy si mostrò subito risoluto. In primis, il presidente ordinò l’invio di 400 soldati in Vietnam del Sud. Questi soldati, perlopiù agenti della CIA, avrebbero dovuto dare inizio a delle azioni di “contro insurrezione”, vale a dire: sabotaggi delle linee di comunicazione,

Spionaggio, infiltrazioni nel nord e reclutamento di personale irregolare per fronteggiare i Viet Cong. Con l’aiuto di Lansdale, la CIA reclutò centinaia di sudvietnamiti e Hmong, etnia che aveva sempre vissuto nelle aree più remote e montuose della penisola indocinese senza integrarsi con la società vietnamita. Si trattava di decisioni che non potevano

Essere rese pubbliche, poiché violavano gli accordi di Ginevra, secondo cui gli Stati Uniti potevano mantenere a Saigon unicamente poco più di 600 consiglieri militari, e non certo un esercito irregolare. Entro l’inizio del ’62, il numero di cosiddetti “consiglieri militari” inviati in Vietnam

Salì a più di 3000, per raggiungere gli 11mila entro la fine dello stesso anno, assieme ad armi, munizioni ed elicotteri. Senza che gli americani e il mondo sapessero alcunché, Kennedy stava già preparando il terreno per un ingresso diretto in guerra. Un’evidenza

Di cui pochi parlano al giorno d’oggi, ma che vede Kennedy come uno dei responsabili principali di quel che sarebbe accaduto di lì a poco. Con il supporto tattico degli americani, nel ’62 Diem prese a fortificare più di 3000 villaggi in tutto il Vietnam

Del Sud. In questo modo, si credeva che l’esercito sudvietnamita avrebbe difeso in modo migliore il territorio dalla guerriglia dei Viet Cong. Ciononostante, il piano si rivelò un fallimento. All’inizio del ‘63, i guerriglieri ottennero una vittoria cruciale ad Ap Bac, non molto

Lontano da Saigon, dove poco più di 350 effettivi distrussero cinque elicotteri americani e misero in fuga 1400 uomini. Entro la fine dell’anno, i Vietcong avevano distrutto almeno 2700 villaggi fortificati, e ormai controllavano una buona porzione del Vietnam del Sud. Senza contare che, ricordiamoci, il Vietnam del Nord – il vero nemico – non

Era ancora sceso in campo. Il regime di Saigon (Vietnam del Sud), quindi, cominciò a vacillare. Nell’estate del ’63, un sempre più paranoico e autoritario Diem represse nel sangue una serie di rivolte che chiedevano la cessazione dell’ostilità nei confronti della religione

Buddhista, maggioritaria. In agosto, la CIA venne a conoscenza di un piano per deporre il dittatore, che si era ormai alienato anche le simpatie del suo stesso esercito. Il Pentagono si convinse allora che Diem aveva i minuti contati, e non fece nulla per evitare il golpe

Che, il 1° novembre, portò alla sua esecuzione. Essere nemici degli States è pericoloso, ma esserne amici è fatale. Disse un tale kissinger. Tolto di mezzo Diem, Washington aveva perso anche il suo unico riferimento sicuro a Saigon. E, peggio ancora, a nord

I leader comunisti acquisirono nuove consapevolezze. Il Politburo di Hanoi era diviso in due fazioni. La prima, guidata da Ho Chi Minh e supportata dal generale Võ Nguyên Giáp, sosteneva che il Vietnam del Sud sarebbe presto collassato su se stesso, e che – seguendo il suggerimento

Dell’Unione Sovietica – dichiarare guerra a Saigon avrebbe significato quasi certamente un intervento statunitense. La seconda fazione, invece, guidata dal segretario Lê Duẩn e dai generali Nguyễn Chí Thanh e Le Duc Tho, fremeva per entrare in azione, decisione che vedeva concorde la leadership di Mao, a Pechino. A prevalere fu l’ala interventista,

Con Le Duan che propose di cominciare l’offensiva nel 1964, in modo da catturare rapidamente Saigon e impedire qualsiasi arrivo dell’esercito americano. Sulla carta, si trattava di un’idea fattibile. Ma ad Hanoi non potevano sapere che l’ingranaggio bellico statunitense si stava già mettendo in moto, e che presto sarebbe accaduto qualcosa di inaspettato.

Il 22 novembre del 1963, Kennedy fu assassinato a Dallas. Il suo successore, Lyndon Johnson, si ritrovò a dover gestire ormai 16mila uomini dispiegati in Vietnam, di cui 100 erano stati uccisi e di cui il pubblico americano non sapeva un bel niente. A Saigon, nel frattempo,

Si succedettero sette governi diversi nel giro di pochi mesi. Johnson si trovò davanti a un bivio: abbandonare il Vietnam e riportare una tonante sconfitta politica di fronte al Partito Repubblicano, che l’avrebbe sicuramente accusato di aver favorito la diffusione del comunismo in Asia, oppure proseguire sulla strada già tracciata da Truman, Eisenhower e Kennedy.

Nel febbraio del ‘64, sotto consiglio del segretario della difesa Robert McNamara, Johnson ordinò l’avvio dell’operazione 34A, meglio nota come OPLAN 34-Alpha, un programma segreto, guidato dalla CIA, mirato a inviare personale e velivoli in Vietnam del Nord per spiarne e sabotarne infrastrutture e comunicazioni. Parallelamente, il Pentagono inviò dei cacciabombardieri

Americani a colpire segretamente il Laos, dove operava il Pathet Lao, il principale alleato strategico del Vietnam del Nord. Ne abbiamo già discusso ampiamente in questo video. A capo del commando statunitense in loco venne posto il generale William Westmoreland, secondo McNamara, “senza, dubbio, il migliore che abbiamo”, ma anche un convinto sostenitore

Dell’intervento diretto. A questo punto, c’era soltanto un motivo per cui Johnson non aveva ancora ordinato “ufficialmente” di attaccare il Vietnam. Ovvero: mancava l’approvazione del Congresso, che avrebbe legittimato l’ingresso in guerra di fronte all’intera popolazione americana. Per loro fortuna, i quadri militari non dovettero attendere a lungo. L’OPLAN

34-Alpha era spesso accompagnata dalle operazioni della missione DeSoto, tramite cui i cacciatorpediniere statunitensi, equipaggiati con delle apparecchiature elettroniche, venivano inviati a pattugliare il Golfo del Tonchino e captare segnali nemici nell’area. Nella notte tra il 30 e il 31 luglio del ’64, le imbarcazioni dell’OPLAN 34-Alpha bombardarono degli avamposti nordvietnamiti,

E il 1° agosto la USS Maddox si addentrò nel Golfo del Tonchino per captare le comunicazioni nemiche. Avvistato il cacciatorpediniere, i soldati nordvietnamiti lo credettero responsabile dell’attacco, e il 2 agosto tre motosiluranti vietnamite si lanciano al suo inseguimento, danneggiandolo. Hanoi rivendicò prontamente di aver colpito un’imbarcazione americana.

Allorché, per portare a termine la missione DeSoto, la USS Maddox richiese il supporto di un altro cacciatorpediniere, la USS Turner Joy. Il 4 agosto, entrambe le imbarcazioni riportarono di essere state attaccate dalle motosiluranti vietnamite. Johnson così colse la palla al balzo per pubblicizzare l’incidente come una deliberata aggressione a una nave

Americana in acque internazionali. Sulla scia dell’incidente, Johnson presentò al Congresso la Risoluzione del Golfo del Tonchino, tramite la quale avrebbe potuto legalmente intraprendere “qualsiasi azione necessaria per mantenere la pace e la sicurezza nel sud-est asiatico”. Il 7 agosto del ’64,

Entrambe le camere approvarono la risoluzione, con due soli voti contrari. In altre parole, la Casa Bianca avrebbe ora potuto scagliarsi faccia a faccia con Ho Chi Minh, senza dover usare sotterfugi e nascondersi dietro al Vietnam del Sud. Tuttavia, nel raccontare l’incidente

Del Tonchino, riconosciuto come il casus belli della guerra in Vietnam, si omettono due verità dall’importanza cruciale. In primis, il Congresso non era stato informato né dell’OPLAN 34-Alpha, né dell’operazione DeSoto, sicché senatori e deputati furono portati a credere che la Maddox e la Turner Joy si trovassero nel Golfo del Tonchino come osservatrici.

Per questo, l’attacco nordvietnamita ebbe risalto come offensiva deliberata. In secondo luogo, secondo varie evidenze, il secondo incidente, quello del 4 agosto, non è mai avvenuto, e i due cacciatorpediniere americani avrebbero inventato di sana pianta l’inseguimento, non foss’altro perché riportarono di aver avvistato, tramite radar, ben 25 motosiluranti,

Quando la marina di Hanoi ne possedeva a malapena dieci. A ogni modo, che quella dell’incidente del Tonchino fosse una scusa o meno, l’ostinazione di Johnson fu in origine insensata, almeno dal punto di vista strategico. Non dimentichiamo infatti che il Vietnam del Sud era praticamente

Uno Stato-fantoccio fallito, per metà occupato dalle forze nemiche, dove la CIA aveva permesso che lo stesso leader che aveva inizialmente supportato venisse rimosso e ucciso. Wayne Morse, uno dei due senatori che si oppose alla Risoluzione del Golfo del Tonchino affermò: “questa risoluzione è un errore di portata storica. [chi l’ha votata], vivrà abbastanza

Per pentirsi”. Al tempo, nessuno credeva a quelle parole che, poi, si sarebbero rivelate tragicamente profetiche. Capitolo 3. Rolling Thunder (1964-1968) A discapito della loro proiezione verso una guerra che sembrava inevitabile, gli Stati Uniti agirono per gradi. Nel settembre del ’64, Johnson e suoi consiglieri proseguirono

Sulla via del disperato rafforzamento del regime di Saigon, nonostante i colpi di Stato si succedessero l’uno dopo l’altro. Del resto, gli Stati Uniti sebbene avessero abbandonato una nazione che in passato avevano sostenuto, dichiarando che l’avrebbero difesa dal pericolo comunista, non potevano sopportare l’umiliazione che sarebbe derivata dalla sconfitta di una

Guerra, e questo avrebbe avuto un’enorme risonanza. Parallelamente, le operazioni DeSoto e OPLAN 34-Alpha rimasero comunque attive. A novembre, poi, il Pentagono ritenne necessario fare un passo avanti e iniziare a bombardare a tappeto il Laos, in modo da tagliare le catene di rifornimento dei Viet Cong. L’operazione Barrel Roll, condotta contro uno Stato formalmente

Neutrale, violava qualsiasi convenzione internazionale, ma sembrò non scalfire le forze comuniste. Giunti a questo stallo, occorreva un ulteriore casus belli. L’occasione giusta si verificò il 7 febbraio del ‘65, quando i Viet Cong attaccarono la piccola base militare americana di Camp Holloway, uccidendo alcuni soldati, ferendone più di 100 e distruggendo una ventina

Di elicotteri. Johnson, allora, diede subito avvio all’operazione Dardo Fiammante, con cui l’aviazione americana estese i bombardamenti al di sopra del 17esimo parallelo, direttamente in territorio nordvietnamita. Il mese successivo, Washington autorizzò quindi l’operazione Rolling Thunder, intenzionata a colpire con forza Hanoi, e distruggere le sue linee di

Comunicazione con il sud. Pentagono e Casa Bianca videro Rolling Thunder come la normale estensione del loro impegno in Vietnam. Eppure, non si resero conto di aver a tutti gli effetti sancito l’inizio di una guerra su scala regionale. L’offensiva americana spinse l’Unione Sovietica a fornire aiuto militare diretto ad Hanoi, con munizioni e armamenti

E soldi che passavano attraverso il territorio cinese. Prima di allora, Mosca si era astenuta dal sostenere materialmente il Politburo vietnamita, proprio per non provocare Washington. Ironico, non credete? E in risposta alla mossa sovietica, l’8 marzo del ’65, sotto richiesta del generale Westmoreland, Washington inviò due battaglioni di marines alla base militare

Di Da Nang, poco al di sotto del 17esimo parallelo. Entro la fine di aprile, Johnson approvò un aumento delle forze americane di 60mila unità. A maggio dello stesso anno, nel 65, l’offensiva della guerriglia Viet Cong uccise oltre 200 marine, e decine di migliaia di

Nordvietnamiti arrivarono in supporto da Hanoi. A quel punto, Westmoreland richiese l’arrivo delle truppe di terra. A luglio, la Casa Bianca dispiegò 194mila uomini. Negli anni successivi, il generale continuò a chiedere ulteriori truppe per condurre le cosiddette operazioni “cerca e distruggi”, dirette contro le basi comuniste nel Vietnam del Sud. Il numero

Di effettivi in Vietnam, nel 1969, avrebbe raggiunto le 550mila unità. Con una simile armata, accompagnata dai bombardamenti di Rolling Thunder, ci si aspettava una conclusione più che rapida del conflitto. Del resto, l’esercito statunitense era considerato, a ragion veduta, l’apice dell’avanzamento bellico, il più forte del mondo. Eppure,

Non tutto andò secondo i piani. Sul finire del ’65, le truppe americane si trovarono ad avere a che fare con l’esercito regolare nordvietnamita. Nordvietnamiti e americani si scontrarono per la prima volta durante la battaglia campale di Ia Drang, nel novembre

Del ’65. A fronte di 300 uomini persi da parte statunitense, ai nordvietnamiti la battaglia costò più di 3000 soldati. Westmoreland considerò lo scontro, che aveva richiesto armi pesanti e lo sbarco di personale nella giungla tramite gli elicotteri, come una prova di superiorità. Dal canto suo, il generale Giap, a capo dell’esercito nordvietnamita,

Comprese che affrontare gli americani a viso aperto sarebbe stato controproducente, e così enfatizzò l’utilità delle azioni di guerriglia nella giungla. Dopo Ia Drang, entrambe le parti belligeranti si presero un momento di riflessione. In fin dei conti era passato ormai un anno dall’inizio di una guerra che si sarebbe dovuta concludere in qualche

Mese. Il 19 gennaio del ’66, il segretario della Marina John McNaughton confessò a McNamara che “in Vietnam abbiamo tutti gli ingredienti per un enorme errore di calcolo”. Entrambi i funzionari di governo, in effetti, temevano che le azioni americane, il cui scopo principale

Era quello di tagliare i contatti tra Viet Cong e Hanoi, stessero risultando perlopiù inutili. Difatti, il Sentiero di Ho Chi Minh era ancora in piedi, con migliaia di uomini che ogni giorno attraversavano il confine tra nord e sud, assieme a cibo, armi e munizioni.

Tra il 1965 e il 1967, le forze comuniste persero fino a 180mila uomini, contro i 13mila degli americani. Fino al 1968, poi, Rolling Thunder uccise più di 50mila vietnamiti, devastando qualsiasi struttura industriale eretta da Hanoi e tagliando il 70% della capacità

Produttiva del Vietnam del Nord, lanciando centinaia di migliaia di tonnellate di bombe. C’era decisamente qualcosa che non tornava. Il fatto è che il persistere di una situazione di sostanziale stallo dipendeva da una serie di altri fattori che, con i numeri, avevano

Ben poco a che fare. Ad esempio, il Pentagono dava per assodato che il maggior grado di avanzamento tecnologico americano concedesse un vantaggio inequivocabile, in realtà la poca modernizzazione giocò un ruolo chiave nelle tattiche di guerriglia. Prima di tutto, il Sentiero di Ho Chi Minh non era un’infrastruttura, bensì una fittissima quanto modificabile

Rete di strade nascoste dalla giungla, attraversata perlopiù a piedi. Tentare di distruggerlo equivaleva a cercare di contenere una pioggia di asteroidi, e quindi a sprecare risorse. Inoltre, i Viet Cong conoscevano il territorio meglio degli americani, potendo contare su imboscate, sistemi di tunnel sotterranei, trappole, e – nondimeno – sull’aiuto

Dell’esercito di Hanoi, a sua volta rifornito da Unione Sovietica e Cina. Come se non bastasse, il disorganizzato esercito sudvietnamita veniva spesso tenuto all’oscuro delle operazioni americane, e rispondeva a un governo, quello di Saigon, praticamente inesistente. Nel febbraio del ’66, delle rivolte portate avanti da studenti e attivisti buddhisti vennero persino

Spalleggiate da alcune frange dell’esercito. Nell’occasione, Washington non fece nulla per fermare la deriva autoritaria e corrotta di Nguyễn Văn Thiệu e Nguyễn Cao Kỳ, la coppia di ufficiali militari che avrebbe guidato il Vietnam del Sud fino agli inizi degli anni ’70. Assistendo alla debolezza di Saigon, il Politburo di Hanoi decise di

Non poter più aspettare. Il 30 gennaio del ’68, Le Duan – a capo degli interventisti – lanciò un complesso piano di invasione del Vietnam del Sud noto come “Offensiva del Tet”. Il nome dell’operazione si riferisce alla più importante festa vietnamita, una

Sorta di Capodanno che segue il calendario lunare cinese. In parole povere, l’esercito regolare nordvietnamita avrebbe realizzato delle incursioni nel sud e attaccato le città principali, con l’aiuto dei Viet Cong, in modo da stimolare una rivolta popolare in grado di ribaltare il regime di Saigon. Per difendere le proprie posizioni, l’esercito

Americano fu costretto a implementare personale sudcoreano, thailandese e australiano. Nei mesi successivi, gli assedi costarono a entrambe le parti decine di migliaia di morti. Nonostante la sua grandezza d’intenti, la lunga campagna di Hanoi fu inconcludente, ma – perlomeno

– fece capire a entrambe le parti, Hanoi (vietnam del nord) e Washington, che la guerra stava virando verso un vicolo cieco. In patria, Westmoreland non riuscì a convincere la Casa Bianca a mobilitare ulteriore personale, anche perché le proteste civili contro la guerra

In Vietnam avevano raggiunto proporzioni mai viste prima d’ora: centinaia di migliaia di persone, liberali e radicali, che protestavano contro un conflitto che stava letteralmente macellando una generazione di giovani americani… erano tutte li. Nelle strade americane. All’apice delle ostilità, si assistette a una vera e propria campagna di diserzione di massa

Messa in atto da comitati e associazioni pacifiste. Questi ultimi offrivano consulenze per evitare la leva militare, consigliando ai giovani americani di dichiarare obiezione di coscienza, emigrare verso Canada e Svezia, non rispondere alla chiamata alle armi, o arruolarsi nella guardia costiera, così da non poter essere spediti in Vietnam. Di 27 milioni di giovani

Che raggiunsero la maggiore età durante il corso della guerra, più della metà riuscì a evitare il servizio militare, non senza incorrere in sanzioni e processi. Queste proteste non rivendicavano soltanto un’identità pacifista, ma facevano anche leva sull’apparente, e a nostro avviso, effettivo, brutale nonsenso delle azioni intraprese dall’esercito statunitense

In Vietnam. Nel corso dell’operazione Rolling Thunder, i caccia americani devastarono intere giungle e villaggi, devastando ecosistemi, flora e fauna, il tutto anche con bombe incendiarie al napalm e con il cosiddetto Agente Arancio. In teoria, si trattava di un diserbante inteso ad eliminare la vegetazione, per rimuovere i nascondigli dei guerriglieri vietnamiti,

Ma nella pratica – quando usato – rilasciava diossina e causava, nelle persone che ne venivano esposte – aborti, malattie della pelle, cancri e malformazioni congenite. Dal 1967 al 1972, invece, la Cia condusse in segreto il Programma Fenice, nient’altro che massicci rapimenti, anche di innocenti, con torture e assassinii, mirati a distruggere internamente

I Viet Cong. Si stima che il programma portò alla morte di quasi 30mila persone. L’uccisione indiscriminata di civili raggiunse il suo massimo apice durante quello che è noto come Massacro di My Lai. Il 16 marzo del 1968, diverse divisioni di fanteria americane agli

Ordini del tenente William Calley, uccise, in alcuni casi stuprò, e seppellì in delle fosse comuni 500 vietnamiti inermi. Questo crimine venne alla luce soltanto un anno più tardi, grazie alla penna e alle investigazioni del giornalista Seymour Hersh. Calley fu l’unico

Condannato, per crimini di guerra, e scontò unicamente tre anni e mezzo di arresti domiciliari. Che schifo, possiamo dirlo? A ogni modo, dopo le palesi atrocità di guerra, e dopo l’offensiva del Tet, il conflitto non fu più lo stesso. Sul finire del ’68 Johnson ordinò la fine dell’operazione Rolling Thunder. A novembre,

Le elezioni fecero emergere un nuovo presidente: il repubblicano Richard Nixon, presentatosi come favorevole alla fine del conflitto. Il 25 gennaio del ’69, le delegazioni di Stati Uniti, Vietnam del Sud, Vietnam del Nord e Fronte di Liberazione Nazionale, cioè i Viet

Cong, si riunirono a Parigi per discutere di una possibile via d’uscita. Queste speranze di pace, però, si rivelarono presto molto fumose. Capitolo 4. Caduta (1969-1975) Richard Nixon e il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Henry Kissinger, erano convinti di poter raggiungere una “pace onorevole”. In altre parole, una situazione

In cui l’esercito americano avrebbe abbandonato la penisola indocinese, mantenendo però l’integrità del Vietnam del Sud. Di facciata, Nixon annunciò i primi ritiri di truppe americane dal Vietnam, in modo da ingraziarsi l’opinione pubblica e smorzare le proteste. Sotto copertura, però, Nixon diede avvio all’Operazione Menu, una serie di bombardamenti mirati a colpire la

Cambogia, all’epoca impegnata in una guerra civile in cui combattevano i Khmer Rossi, che collaboravano con i nordvietnamiti. Esatto, gli stessi Khmer Rossi di Pol Pot, di cui abbiamo parlato estensivamente in questo video. Il presidente fu anche indotto dai suoi consiglieri

A recitare, letteralmente, la parte del pazzo, cioè a minacciare di nuclearizzare il Vietnam del Nord, in maniera tale da intimidire sia Hanoi, che l’Unione Sovietica e la Cina. Ancora, Nixon e Kissinger sostenevano la teoria della vietnamizzazione, che consisteva nel delegare quanto più possibile lo sforzo bellico al regime di Saigon. Per Creighton Abrams,

Che nel ’68 aveva sostituito il generale Westmoreland in Vietnam, questa scelta equivaleva a un suicidio. Tant’è che la “pace onorevole” sembrava un’assurdità, non a caso le proteste in patria non cessarono e lo stesso Nixon fu costretto a difendersi, in maniera piuttosto goffa.

“Soltanto gli americani possono umiliare gli Stati Uniti”. Forse, Nixon parlava per sé. La vietnamizzazione non sortì gli effetti sperati. L’esercito di Saigon era malnutrito, malpagato e incline alla diserzione. Nel 1970, con l’intensificarsi della guerra civile cambogiana e l’ascesa al potere di Lon Nol, un militare pro-americano, Nixon credette

Di poter tagliare le gambe, contemporaneamente, a Viet Cong e Khmer Rossi, e così ordinò l’invasione della Cambogia. L’offensiva generò unicamente risultati negativi. Con Ho Chi Minh passato a miglior vita nel settembre del ’69, Le Duan rafforzò i rapporti con Pol Pot, alleanza che avrebbe permesso al dittatore cambogiano di perpetuare il suo

Genocidio. Gli Stati Uniti, dal canto loro, si trovarono a dover aiutare un altro governo, quello di Lon Nol, destinato a morire. In patria, le associazioni pacifiste incrementarono le proteste, annoverando tra le loro fila anche migliaia di veterani del Vietnam. Il Congresso americano, che non era stato informato, ancora una volta, sull’Operazione Menu,

Insorse. Ma non finisce qui. Nel gennaio del ’71, Washington organizzò un’altra invasione, quella del Laos. Anche stavolta, l’esercito sudvietnamita combinato a quello americano fu costretto alla ritirata di fronte al Pathet Lao e ai carrarmati sovietici. Oltretutto, il morale delle truppe americane crollò: il dipartimento della Difesa stimò che, entro

Il 1973, il 70% del personale militare facesse uso di droghe, senza contare diserzioni e assassinii degli ufficiali da parte dei loro sottoposti. Il noto Full metal jacket ci offre uno spaccato di quei funesti anni. Comunque, di fronte a una clamorosa debacle, Nixon corse ai ripari, rischiando una deriva autoritaria senza precedenti

Nella storia americana. Il 3 maggio del ’71, migliaia di manifestanti cercarono di bloccare le strade di Washington D.C. La polizia ne arrestò 12 mila, nel più grande arresto di massa della storia statunitense, poi revocato per manifesta incostituzionalità e violazione del diritto di assemblea. A peggiorare la situazione arrivò, il 13 giugno del ’71,

Un articolo scioccante. Sulla prima pagina del New York Times, quel giorno, comparve questo titolo: Archivio Vietnam: Uno studio del Pentagono delinea tre decenni di crescente coinvolgimento statunitense, di Neil Sheehan. Nell’articolo Sheehan sosteneva che ben quattro amministrazioni americane, da Truman a Johnson, non avevano rivelato al pubblico

Americano le loro vere intenzioni in Vietnam. Già, perché di violazioni di accordi nazionali e operazioni segrete non avremmo saputo nulla senza questi, i cosiddetti Pentagon Papers, l’insieme di tutti gli articoli pubblicati nel ’71 dal New York Times e poi dal Washington

Post, che ci hanno fornito delle fonti importantissime per realizzare questo video. Parliamo di documenti classificati erano stati inizialmente redatti come studio del dipartimento della difesa USA commissionato nel ‘67 dall’allora segretario competente, Robert McNamara. Quest’ultimo voleva che gli analisti del Pentagono ricostruissero la storia del conflitto in Vietnam per capire

Cosa stesse andando storto. Tra gli analisti c’era un certo Daniel Ellsberg che, una volta portato a termine il rapporto, nel ‘69 iniziò a fotocopiarne le circa 7000 pagine, per poi passarlo a Neil Sheehan. Ellsberg, morto lo scorso giugno, fu accusato di tradimento

Da Nixon, ma venne poi assolto, perché il presidente aveva indagato illegalmente su di lui per screditarlo. Kissinger definì Ellsberg “l’uomo più pericoloso d’America”. Detto poi da Kissinger è una sentenza. Riposa in pace, Henry. Anzi, no, aspetta. Perché per portare a termine questa storia abbiamo ancora bisogno di te. Il 15 giugno, Nixon

– per la prima volta nella storia statunitense – censurò la stampa, quindi Sheehan e i suoi colleghi. Pochi giorni dopo, però, la Corte Suprema degli Stati Uniti annullò la decisione. “La stampa deve servire i governati”, dichiarò il giudice Hugo Black, “non i

Governanti”. Resosi ormai conto della necessità di trattare una de-escalation militare, Kissinger intensificò la propria corrispondenza con il capo negoziatore del Vietnam del Nord, Le Duc Tho. Il nodo più difficile da sciogliere tra i due era rappresentato da Nguyễn Văn

Thieu, il presidente del Vietnam del Sud, con Le Duc Tho che pretendeva la sua rimozione. Per contrastare la testardaggine del nemico, allora, nel ’72 Nixon annunciò che avrebbe fatto visita a Mao e Breznev, il suo intento era quello di convincerli a cessare i loro

Aiuti nei confronti del Vietnam del Nord. Di tutta risposta, Le Duan lanciò la cosiddetta Offensiva di Pasqua, muovendo verso sud un’enorme forza di 300mila uomini. Anche quest’ultimo tentativo d’invasione si rivelò fallimentare, e con Cina e Unione Sovietica formalmente

Fuori dai giochi, Kissinger e Le Duc Tho ripresero i dialoghi. Stavolta, le due parti si mostrarono più flessibili sulla questione legata a chi dovesse essere il presidente del vietnam del sud, Così, il 27 gennaio del 1973, Vietnam del Nord, Vietnam del Sud e Stati Uniti firmarono

I famosi Accordi di Parigi, che valsero a Kissinger e Le Duc Tho il premio Nobel per la pace. Il capo negoziatore di Hanoi non avrebbe mai ritirato il riconoscimento. Quel che per gli americani è difficile ammettere è che, con questa pace, riconobbero di fatto la propria sconfitta.

Secondo gli accordi di Parigi, infatti, tutte le truppe americane avrebbero dovuto lasciare l’Indocina entro 60 giorni. In più, dopo un cessate il fuoco, il governo di Saigon, cioè vietnam del Sud, avrebbe dovuto negoziare, sotto supervisione internazionale, un’unificazione del paese tramite mezzi pacifici con il cosiddetto Governo Rivoluzionario Provvisorio del Vietnam

Del Sud. Questo governo provvisorio non era altro che l’espressione politica dei Viet Cong, dunque anche del Partito comunista del Vietnam del Nord. Detta in termini spicci, gli Stati Uniti stavano lasciando il Vietnam sapendo che Hanoi avrebbe continuato a mantenere

La sua influenza – e quindi le sue truppe – nel Vietnam del Sud. Quel che è peggio è che Nguyễn Văn Thieu – cioè il presidente del vietnam del sud – fu forzato da Nixon a firmare gli accordi di Parigi. Insomma, facendo due conti, gli Stati Uniti abbandonarono

Il Vietnam nella stessa situazione in cui l’avevano trovato vent’anni prima: con un governo comunista a nord, e con un sud incapace di autodifendersi. Cosa sarebbe potuto andare storto? Quasi subito, le forze di Vietnam del Sud e Vietnam del Nord ruppero il cessate il fuoco.

Il primo, guidato da un governo debole e corrotto, voleva mantenere la propria indipendenza. Il secondo voleva riunificare finalmente il paese. In seguito al ritiro americano, Cina e Unione Sovietica persero interesse nella causa nordvietnamita, intenzionate a migliorare i rapporti con gli Stati Uniti. Fino a quel momento, dal ’68, entrambi i paesi avevano

Fornito ad Hanoi circa due miliardi di dollari di aiuti a testa, ogni anno. In seguito allo scandalo Watergate e alle dimissioni di Nixon, nel ’73, la Casa Bianca non poté far altro che considerare il Vietnam una causa persa. In pratica fu un via libera tutti in vietnam

Del nord. Con l’arrivo di Gerald Ford alla casa bianca, gli aiuti economici verso Saigon diminuirono drasticamente, e nel ’74 il regime di Saigon si trovò ad affrontare una nuova ondata di proteste interne. Date le circostanze, il Politburo di Hanoi decise di lanciare l’offensiva finale. Nel dicembre del ’74, l’esercito nordvietnamita prese

Phuoc Long, in Cocincina. A marzo del ‘75 conquistò Buôn Ma Thuột, nelle pianure centrali. Poi, procedette a sottomettere Hue, Pleiku e Kontum. Infine, il 30 aprile, anche Saigon cadde, e venne rinominata Ho Chi Minh. Rimosso Thieu, il Vietnam venne finalmente riunificato sotto l’attuale nome di Repubblica Socialista del Vietnam. La caduta di Saigon

Suggellò il totale fallimento di una guerra durata trent’anni, portata avanti da 5 presidenti, che ha coinvolto 2 milioni e 700mila soldati americani e che è costata almeno 140 miliardi di dollari. Capitolo 5. Mille papaveri rossi (1975 – oggi) Purtroppo, quando si parla dei risultati di una guerra così sanguinosa come quella in

Vietnam, i numeri valgono più di mille parole. Da un lato, gli Stati Uniti hanno perso più di 58mila uomini in combattimento, a cui si aggiungono almeno 153mila feriti. Gli alleati di Washington, complessivamente, hanno visto morire 5000 dei loro compagni, per la maggior parte sudcoreani. L’esercito sudvietnamita ha registrato almeno 110mila morti. Quello

Nordvietnamita, invece, un milione e centomila. Tra i civili, infine, le persone comuni, l’intero conflitto avrebbe causato tra gli uno e i due milioni di morti in tutto il paese, tra cui vanno ricordate anche le vittime cambogiane, laotiane e hmong. Un’ecatombe. Un massacro

Volto a sventare il più tremendo degli scenari previsti da Washington: il domino. Cos’ha significato, dunque, lasciar vincere il comunismo? Una volta riunificato il Vietnam, fu difficile ricucire le ferite create da 30 anni di conflitto. Inizialmente, il partito comunista forzò almeno 400mila persone, nella più ottimistica delle stime, considerate oppositori politici,

A passare dieci anni nei cosiddetti campi di rieducazione, nient’altro che gulag nella giungla. In seguito alla collettivizzazione imposta da Hanoi, circa un milione di ex sudvietnamiti migrò proprio verso gli Stati Uniti. Agli sgoccioli del 1978, l’esercito vietnamita unificato invase la Cambogia di Pol Pot, in seguito a un’accesa disputa su dei confini

Contesi. L’attacco suscitò le ire dell’intera comunità internazionale, men che meno dell’Unione Sovietica, che rimase di fatto l’unico alleato del Vietnam, fino al 91. Per il Vietnam, la situazione migliorò unicamente con la morte di Le Duan e l’apertura al libero mercato,

Nel 1986, e la normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti, realizzatasi sotto il presidente Bill Clinton. Il Partito Comunista governa ancora oggi il Vietnam come partito unico, sotto la guida dello Xi Jinping vietnamita, Nguyễn Phú Trọng. A eccezione del Laos, nessun altro Stato del sud-est asiatico si dichiara neanche lontanamente comunista. E

Certamente non si può dire che si tratti di paesi che fanno della democrazia il loro punto forte, tra dittature militari, semi-dittature e governi corrotti. In sintesi, la teoria del domino si è rivelata più che altro una paranoia, una chimera. Secondo Mitchell K.

Hall, il più grande errore degli Stati Uniti è stato quello di considerare il comunismo come un blocco monolitico. Nonostante i crimini commessi prima e dopo la guerra da parte del partito comunista vietnamita, che decisamente condanniamo, Ho Chi Minh e i suoi successori

Hanno sempre e soltanto perseguito l’obiettivo di riunificare un Vietnam diviso. Quando il Pentagono e la Casa Bianca se ne sono resi conto, era già troppo tardi per ritirarsi da un conflitto al quale avevano votato anima e corpo, puntando unicamente sulla forza,

Ma non sulla ragione, pur di non perdere la faccia. E se vi steste chiedendo che ruolo ebbe l’Onu, in tutto ciò, la risposta è: nessuno. In ottica geopolitica, gli Stati Uniti hanno perseguito i propri interessi, e non sappiamo cosa avrebbe significato non

Combattere in Vietnam, anche perché la storia non si fa ne con i se ne con i ma. La guerra del Vietnam è un tema divisivo, soprattutto negli Stati Uniti, dove la sua eco si fa sentire ancora, a 50 anni di distanza e dove chi è sopravvissuto alla guerra ha comunque dovuto

Poi fare i conti con problemi mentali al rientro in patria. Libri, film, serie tv, videogiochi, esistono forse migliaia di opere, a dire esagerando, che parlano di Vietnam. Forse, però, è arrivato il momento di sceglierle per bene, queste opere, e abbandonare qualsiasi retorica che

Faccia riferimento all’eroismo, al sacrificio, per descrivere quello che in realtà è stata, questa guerra, e cioè una tragedia schifosamente deprimente. Soprattutto vedendo quel che accade attorno a noi, nel “progredito” 2024. Parafrasando un noto cantautore genovese, il tempo non basterà mai a chiedere perdono per ogni peccato. Per aspera.

In chiusura, vorrei fare ancora un ringraziamento a Conflict of Nations per aver sponsorizzato questo video, il più lungo mai visto sul canale e che difficilmente avrebbe visto la luce. Vi ricordo che l’offerta speciale che potrete sfruttare cliccando sul link in

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La guerra del Vietnam è forse il conflitto più famoso della storia contemporanea, nonché l’unico che gli Stati Uniti abbiano mai perso. Quando se ne discute, si prendono spesso in considerazione soltanto gli anni che vanno dal 1964, con l’incidente del Golfo del Tonchino, fino al ritiro totale delle truppe americane dal Vietnam, nel 1975. Eppure, la guerra del Vietnam è durata trent’anni, ha coinvolto 5 presidenti statunitensi e richiesto un costo economico e umanitario tra i più alti della storia. Trent’anni di silenzio e menzogne in cui, supportando un regime fantoccio, gli Stati Uniti hanno finito per perdere la faccia. Oggi, qui sul canale, raccontiamo la vera storia della Guerra del Vietnam.

0:00 Prologo
5:10 Capitolo 1. Domino (1945-1954)
14:27 Capitolo 2. Casus Belli (1954-1964)
30:23 Capitolo 3. Rolling Thunder (1964-1968)
41:05 Capitolo 4. Caduta (1969-1975)
52:13 Capitolo 5. Mille papaveri rossi (1975-oggi)

Testo e ricerca, Jacopo Turco.
Motion Graphics, Matteo Bignardelli.
Editing e voce, Simone Guida.

Fonti utilizzate:

Hall, Mitchell K. (2018), The Vietnam War
Hersch, Seymour (1970) MY LAI 4. A report on the massacre and its aftermath
Sheehan N. et al. (1971), The Pentagon Papers: The Secret History of the Vietnam War
https://www.newyorker.com/news/daily-comment/the-declaration-heard-around-the-world
https://www.nationalww2museum.org/war/articles/oss-vietnam-1945-dixee-bartholomew-feis
https://scholarworks.montana.edu/xmlui/handle/1/2647
https://web.archive.org/web/20140221205333/http://whitehousetapes.net/clip/lyndon-johnson-robert-mcnamara-best-army
https://web.archive.org/web/20081020045048/http://vietnam.vassar.edu/doc9.html
https://www.pbslearningmedia.org/resource/81bf1651-702e-4d58-b8da-f5e5320e2b8f/who-didnt-serve-and-why-video-ken-burns-lynn-novick-the-vietnam-war/
https://www.britannica.com/science/Agent-Orange
https://www.history.com/this-day-in-history/seymour-hersh-breaks-my-lai-story
https://millercenter.org/the-presidency/educational-resources/vietnamization
https://www.ilpost.it/2021/06/13/pentagon-papers-50-anni/

42 Comments

  1. Pubblicità da 50 secondi che non si possono saltare letteralmente ogni 8 minuti. io ringrazio per il video ma sta roba non la fa nessuno, mi compro YouTube premium invece che rinnovare il patreon a sto punto

  2. Ho vissuto diversi anni a Saigon a Hanoi …. Dopo la fine della guerra ….. cmq viene chiamata Saigon il centro ancor oggi …. alla fine il capitalismo ha vinto ….

  3. Grazie grazie grazie.
    Oramai non mi stupisco più di nulla, tanti avvenimenti sembrano casuali ma nella realtà sono voluti, cercati e attuati.
    A quando un’esposizione sui programmi della cia? Mk ultra, stargate ecc…?
    Grazie ancora.❤

  4. Ci sono stato un mese, da nord a sud. Paese bellissimo e popolo meraviglioso nonostante tutto quelle che hanno passato. Ancora oggi, a seconda di con chi parli, c'è chi rimpiange il governo di Saigone, chi è d'accordo con la riunificazione ecc. La memoria è viva e non vogliono scordarla, ci sono tantissimi musei da vedere, molto bello quello a Saigon (guai a chiamarla ho chi minh city con qualcuno) con la sala dedicata all'agente arancio che fa venire i brividi.

  5. Simone ringraziarti ormai inizia a diventare riduttivo, sei una delle poche genuine fonti di informazione rimaste, continua cosi, e ben vengano video di 1 ora ❤️

  6. Dal minuto 20:40, si parla mica del "Phoenix Program"? Sarebbe bello farci un mini approfondimento nello specifico… Molte "stronzate" (usando il gergo dei 'muricani) sono avvenute proprio in questa operazione "speciale"… Complimenti per il mega-documentario, me lo sono guardato tutto d'un fiato!

  7. Per favore fai un corso di Inglese, non si può sentire Fitzgerald con la G dura… Non lo ha mai pronunciato nessuno così in 40 anni che ho sentito il suo nome. Ogni settimana pronunci erratamente nomi inglesi che i bimbi degli asili odierni non sbagliano… Fai pure la pubblicità… Usalo per favore… Perdi molto

  8. Hanno perso? Vi siete mai chiesti quanto fosse la popolazione del Vietnam prima e dopo il conflitto? Be, dopo il conflitto, la popolazione era dimezzata, se gli Usa avessero continuato, non sarebbe rimasto più nessuno, così un bel giorno, stanchi dell'opinione pubblicità avversa, e dei costi che superavano di gran lunga i benefici, hanno abbandonato il Vietnam, sconfitta sugli obiettivi sicuramente, ma non puoi aver perso una guerra, dove hai letteralmente annientato ogni nemico incontrato

  9. Dovresti fare un video sul perché gli americani hanno perso tutte le guerre (o quasi) in cui si sono cacciati. Dopo la guerra d'indipendenza, quasi tutte
    un disastro. E non tiriamo in ballo Grenada o Panama per favore. Credo perché il loro interesse sia farle durare il più a lungo possibile a scopo di lucro con ogni scusa possibile.

  10. Bellissimo video, bravi come sempre.
    Noi tempo fa avevamo fatto un video sugli esperimenti nella prigione di Holmesburg, Pennsylvania, che portarono allo sviluppo dell'erbicida "Agent Orange" usato durante la guerra del Vietnam. E' un episodio interessante (e spaventoso) della storia della medicina, perché in parte contribuì alle regolamentazioni che ci sono ora sul consenso informato riguardo alla sperimentazione su esseri umani.
    Continuate così, siete i migliori.
    – Adrien

  11. L'agente arancione è stato qualcosa di terribile. Sono stato a Saigon ed ho visitato il museo della guerra, dove è possibile vedere tramite foto gli effetti di questo "diserbante" che ancora oggi crea disabilità tra i vietnamiti

  12. Comunque spettacolo. Iniziare praticamente una guerra mandando migliaia di soldati e contingenti con il bisogno di tenere la cosa nascosta alla popolazione. In un paese democratico. Spettacolo.
    Figuriamoci eh, gli States erano democratici. l'URSS e la Cina maoista no. Però insomma fa ridere che cerchiamo di raccontarci che infondo è meglio stare con gli States (e sono pure d'accordo eh) perché beh con chi vuoi stare? Ieri con l'URSS dittatoriale oggi con la dittatura Cinese? E poi delle decisioni del genere vengono prese senza interpellare la popolazione in modo diretto (democrazia rappresentativa baby, la stessa che Marx, il comunistone per eccellenza criticava in favore della democrazia diretta) ma non solo: vengono prese non informando nemmeno la popolazione. Ed anzi, la stessa democrazia rappresentativa viene perculata raccontando una storia falsata e monca di dettagli non da poco. Democrazia ragazzi, tanto è cosi no? Finché diciamo di esserlo lo siamo a prescindere, funziona cosi.